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2019, Carthago. Il mito immortale (Edizione italiana)
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Questo volume viene pubblicato in occasione dell’omonima mostra, allestita a Roma presso il Parco archeologico del Colosseo dal 27 settembre 2019 al 29 marzo 2020. Il progetto curatoriale, nel suo complesso, nasce dalla scarsa attenzione finora posta sulla celebre metropoli nord-africana: mentre ai Fenici sono state, infatti, già dedicate alcune esposizioni (la più celebre quella di Palazzo Grassi del 1987), Cartagine non ha goduto finora di altrettanto interesse, nonostante il progredire degli studi. Le attività di scavo e di ricerca degli ultimi decenni, dunque, conferiscono al volume un oggettivo e alto interesse scientifico, offrendo l’occasione di fornire un quadro aggiornato delle conoscenze e di segnalare anche alcune novità e scoperte di rilievo. Oltre l’archeologia lo caratterizza un tuffo nella modernità, con l’affrontare il ruolo di Cartagine nell’immaginario collettivo attraverso uno straordinario corredo iconografico contemporaneo che coinvolge la letteratura, i fumetti, la musica, i videogame, naturalmente senza tralasciare il cinema. Si è cercato dunque di affrontare con un approccio particolare un soggetto familiare ai più: Cartagine, infatti, non può non evocare immediatamente Roma, tanto furono storicamente legate le vicende delle due grandi metropoli mediterranee. Insieme al volume viene pubblicato anche il catalogo della mostra, che ripercorre sezione per sezione il percorso espositivo e presenta la totalità degli oltre 400 pezzi esposti, provenienti dalle maggiori collezioni italiane e internazionali. Pagine: 312 Anno di pubblicazione: 2019 ISBN: 9788891825223 Lingua: Italiano
Ledizioni, Milano, 2023
Contributi di: Alessandro Baccarin, Anna Clara Bova, Marco Carmello, Lucia Dell'Aia, Roberto Talamo. Con una poesia inedita di Gabriella Sica e una intervista a Monica Ferrando
Il Mito di Orfeo, 2019
Orfeo: un mito più volte rivisitato nel corso della storia della letteratura mondiale. In questo breve articolo esamino le connessioni e le differenze tra tutte le versioni di questo mito.
Terre di Confine Magazine, 2010
Il mito arturiano Secondo una tradizione affermatasi nel corso degli anni, le leggende del ciclo arturiano affonderebbero[1] le loro radici nel periodo in cui le legioni romane, vista la crisi attraversata dal Tardo Impero, abbandonano la Britannia lasciandola così in balia delle incursioni di tribù bellicose provenienti dalle coste danesi. In effetti, il nome del principale personaggio della saga, Artù, riecheggia Arctorius, un cognomen romano attestato in alcune iscrizioni, [2] anche in Britannia e nel più celebre luogo collegato al ciclo arturiano stesso, Glastonbury. La prima testimonianza scritta che lega tra loro questi luoghi e questi avvenimenti è decisamente più tarda, risalente al IX secolo: si tratta dell'opera intitolata Historia Britonum, attribuita, con notevoli incertezze, a un monaco gallese di nome Nennio. Di poco più tardi, del 950 d.C., sono gli anonimi Annales Cambriae,che, oltre al personaggio di Artù, presentano anche Mordred (chiamato Medraut), già visto come uccisore del re nella battaglia di Camlann. [3] Il periodo di fioritura del ciclo arturiano, però, si colloca nei secoli successivi, a partire dal XII, quando non solo nell'Inghilterra normanna, ma anche e soprattutto in Francia, nascono diverse opere in cui trovano un posto di rilievo sia re Artù sia i suoi cavalieri. In quest'epoca, infatti, il ciclo arturiano assume due fisionomie completamente diverse, mantenendosi sulla trattazione storica in ambito anglofono, e divenendo invece materia per cicli cavallereschi in territorio francese. Il più importante prodotto della narrativa di terra inglese, e sicura fonte di ispirazione per molti autori successivi, è l'Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, composta in latino come la maggior parte delle opere erudite del tempo: in questa storia del mondo britannico sono presenti i maggiori personaggi del ciclo arturiano e, in nuce, sono tratteggiati i caratteri essenziali dello sviluppo delle vicende legate ad Artù e soprattutto a Merlino, protagonista principale della narrazione "arturiana" di Goffredo.[4] Il professor Ferruccio Bertini, docente di Letteratura Latina presso l'Università di Genova, sottolinea le differenze nel personaggio di Merlino esistenti tra l'Historia Regum Britanniae e l'altra opera legata al ciclo arturiano attribuita allo stesso Goffredo, la Vita Merlini, al punto da sospettare che si tratti di due figure distinte, entrambe con lontane reminiscenze storiche ma appartenenti a due età differenti. È comunque importante ricordare che, sebbene Goffredo sostenga di aver composto la Historia Regum Britanniae in base al ritrovamento di un manoscritto originale celtico, ora perduto, la sua opera appartiene a un'età in cui diventano più frequenti gli scambi culturali con il resto dell'Europa, e con l'Italia in particolare: la Britannia, dunque, si ritrova nobilitata dall'aver dato i natali a un sovrano di levatura paragonabile ai grandi eroi del passato.
Breve saggio sulla prima sezione de "La bufera e altro" nel quale vengono individuati ed analizzati alcuni richiami alla mitologia greca e la loro influenza nelle liriche montaliane.
NISSIM, PREDA, 2006
Alle spalle della cultura europea moderna sta il mondo classico: di per sé quest'affermazione è così banale che non richiederebbe neppure di essere espressa. Ma fra i numerosissimi protagonisti delle saghe mitiche solo pochi hanno avuto l'intima forza di incarnare desideri, paure, pulsioni universali e perciò di valicare i confini molto ristretti degli specialisti per tornare a vivere in forme sempre diverse attraverso i secoli. Uno di questi protagonisti mitici è senza dubbio Medea, la maga della Colchide, ossia di una terra caucasica corrispondente grosso modo all'odierna Georgia, a cui ha dato sostanza psicologica e drammatica soprattutto l'omonima tragedia di Euripide. Non sarà dunque inutile ripercorrere gli elementi di quel mito, certo preesistente a Euripide stesso. Numerosi elementi sono favolistici e folklorici, a cominciare dalla prova, di evidente carattere iniziatico, a cui il giovane eroe, Giasone, è sottoposto: la conquista del vello d'oro in una terra lontana e minacciosa; poi l'innamoramento di una bella principessa e infine il ricorso alle arti magiche che rende possibile la conclusione gloriosa dell'impresa. Tutto questo si ritrova in molte narrazioni mitiche della Grecia e di altre culture, anche extraeuropee. Ma nel processo di concrezione del racconto lentamente assunse un ruolo centrale il personaggio di Medea, la figlia di Eeta, re della Colchide, colui che aveva ucciso a tradimento l'ospite Frisso e l'aveva derubato del vello d'oro, ossia della pelle aurea dell'ariete che aveva portato a salvamento il giovane, minacciato dalle trame criminose della matrigna; la fanciulla appunto s'innamora di Giasone e lo aiuta in maniera decisiva nella conquista del prezioso trofeo. Non interessano in questa sede i molti elementi, spesso contrastanti, che si possono rintracciare nella tradizione alle spalle di Euripide: basterà osservare come i tratti di Medea si
Il mito greco di Atteone, nella rivisitazione di Giordano Bruno, è stato una delle basi su cui è nata e si è fondata la civiltà occidentale. La perdita del suo senso e della sua memoria sono la perdita del senso e della memoria della nostra civiltà.
2010
Terzo capitolo della prima edizione del volume "Mitteleuropa. Mito, Letteratura, Filosofia", di Massimo Libardi e Fernando Orlandi (Silvy, 2010) [Nel 2011 è stata pubblicata una seconda edizione riveduta].
CUltUrA / Animali i n molte località italiane ed europee esistono storie che riferiscono di Serpenti Giganti, i quali sarebbero stati avvistati in passato e sono tuttora, a volte, oggetto di narrazioni che sconfinano con facilità nel fantastico; si tratta di un mito radicato soprattutto nelle persone anziane, che sono gli ultimi detentori di conoscenze che in un passato, anche abbastanza recente, erano dominio comune e che ora paiono relegate alla tradizione e alla leggenda. Da un punto di vista biologico, rispetto ad altri Continenti, le tradizioni relative ad Ofidi giganteschi paiono in Europa meno suffragate dalla presenza di Serpenti di grandi dimensioni: esaminando gli Ofidi del Vecchio Mondo siamo molto lontani, infatti, dalle dimensioni massime rag-giungibili dagli Anaconda, dai Boa e dai Pitoni; niente apparirebbe più fuori dal comune, quindi, di una tradizione instauratasi in un Continente che di Serpenti Giganti non dovrebbe avere neanche traccia. Eppure, l'organismo in argomento interessa l'Europa di pressoché tutte le epoche, spaziando dalla mitologia greca e latina alla narrativa, alle tradizioni, finanche ai resoconti delle ultime persone che affermano di avere visto con i propri occhi questi Serpenti di grandi dimensioni e magari di averne sentito il sibilo. Per fare una breve carrellata, cito fra i racconti legati alla tradizione mitologica l'episodio di Laocoonte, che secondo la mitologia greca fu divorato insieme ai suoi figli da due giganteschi 40 -Il Forestale n. 89
Discipline Filosofiche: Hans Blumenberg e la teoria della modernità, 2001
Ho aiutato Ulisse a riporre le vali-gie in solaio. Dell'ultimo viaggio o non si parlerà mai più, o se ne par-lerà in altro modo. Alberto Savinio, Capitano Ulisse Premessa Quando Blumenberg afferma che la storia non procede secondo la sequenza diacronica di ciò che è passato, presente e futuro, bensì se-condo paratassi sincroniche ed ipotassi vuole sostanzialmente nega-re la possibilità di un trionfo definitivo della coscienza umana sui propri abissi. Riconoscendo queste strutture sintattiche alla base della narrazione di un passato lasciato alle spalle, afferma già il so-strato mitico-narrativo della storia. Blumenberg stesso è molto lon-tano dalla ricostruzione cronologica. Applicando queste strutture e-lementari ha implicitamente detto di voler raccontare il mito (e la metafora) impiegando le forme stesse della narrazione: dalla strut-tura prima e arcaica della lingua, come coordinazione e compresen-za di elementi, alla genealogia delle subordinate che ne derivano. Ciò significa che il pensiero di Blumenberg mira a rilevare analogie tra determinate esperienze, figure o situazioni esistenziali e, dall'altra, scorgervi quel nucleo di significato che vive solo nelle varianti a ve-nire. 1. Lo sguardo dello spettatore dalla tragedia al mito Difficile sottrarsi alla tentazione di cominciare con una metafora che per la sua irriducibilità-qui assolutamente fisica-ci piacerebbe inserire in quel catalogo di metafore «assolute» progettato e avviato da Hans Blumenberg. Si tratta di quel «profondo sospiro di sollievo» (Aufatmen) che scandisce ogni svolta epocale come scampato peri-colo. Vana la pretesa di risalire al primo timore o alla prima angoscia Regazzoni, Lisa: Dal nominare al narrare. Genealogia e metamorfosi del mito, in: Barnaba Maj (a cura di): Hans Blumenberg e la teoria della modernità, numero monografico della rivista Discipline Filosofiche 1 (2001), pp. 193-212.
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in S. M. Barillari e M. Di Febo (a c. di), War! L’esperienza della guerra fra storia, folclore e letteratura, Aicurzio (MB), Virtuosa-Mente, 2016, pp. 126-139.
Il mito dei "giganti" nel libro della Genesi, 2006
Le mythe repensé dans l’œuvre de Giacomo Leopardi, a cura di Perle Abbrugiati, 2016
Revue de Philologie, 2024
IL MITO DI EDIPO E LA TRADIZIONE FAVOLISTICA POPOLARE, 2017
Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici, 2001