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Traduzione dall'originale tedesco a cura di Giovanni Costa Sommario e struttura del dialogo pg. 2
Si presenta, in traduzione italiana, un breve lavoro di Hermann Bonitz sull’Eutifrone di Platone. Vista la statura di questo studioso si ritiene che la sua opera sia sempre valida. Dopo un riassunto del dialogo si esaminano i suoi rapporti con gli altri dialoghi di Platone ed i dubbi sull’origine platonica del dialogo stesso. Di particolare interesse il breve accenno, a pg. 5, alla natura della moralità intesa come un’assimilazione colla natura divina ed un attaccamento ad essa della persona in servizio della stessa. Questo concetto platonico è ripreso dai padri della Chiesa ed in particolare da S. Cirillo d’Alessandria colla sua teologia della divinizzazione dell’uomo.
Aldo Bonet, Il Talete non detto da Platone. Alcune considerazioni a partire da un libro di Livio Rossetti, in Andrea Muni (a cura di), Platone nel pensiero moderno e contemporaneo, Limina Mentis Editore, Villasanta (Monza Brianza), vol. VII, luglio 2016, pp. 139-200.
3 Rilevanti appaiono, per quanto riguarda Pindaro, i frr. 131a-b Snell-Maehler (= 59 Cannatà Fera), per i quali cfr. Brillante 1991, pp. 42-52; e, rispetto ai loro rapporti con l'orfismo, Livrea 2011, pp. 51-53. I riferimenti alla condizione del sogno, o del sonno, in Eraclito si trovano in particolare nei frr. 21, 26 e 89 DK (49, 48 e 24 Marcovich), per la cui interpretazione mi permetto di rinviare a Fronterotta 2013, pp. 31-32 e 77-83; cfr. ancora Brillante 1991, pp. 56-69. 4 Rimando in proposito ad alcuni studi di carattere generale: Vegleris 1988, pp. 103-120; quindi soprattutto Rotondaro 1998.
L'Eutifrone, primo dialogo socratico e primo dialogo di Platone; Socrate si intrattiene presso il portico del Re, magistrato ateniese davanti al quale venivano discusse, tra l'altro, le cause d'empietà 1 , in attesa di entrare per il processo intentatogli da Meleto, qui incontra il giovane Eutifrone. I due iniziano a discorrere; Socrate ha, presso il RE, un'accusa ( ), Eutifrone una causa ( ). Gli SCHOLIA spiegano la differenza tra le due specie di processi, la (causa) era un processo riguardo ad ingiustizie private, mentre la (accusa) era uno riguardante ingiustizie pubbliche γραφή δίκη δίκη γραφή
Introduzione. pg. 2 2. Le tre parti della città ideale di Platone. pg. 5 3. La corrispondenza tra la città e l'anima umana. pg. 12 4. La relazione delle parti tra loro. pg. 18 4.1 Le virtù, forze che portano a compiere quanto è loro proprio le tre parti, sia della città che dell'anima. pg. 18 4.2 La relazione delle tre parti, sia della città sia dell'anima, tra di loro. pg. 24 5. Bibliografia. pg. 28 secondo attitudine. Invero, quella che ora noi abbiamo intrapreso potrebbe essere in qualche modo vicinissima all'immortalità e, in secondo luogo 4 , l'unica;). Quindi, Platone nomina la terza forma di governo, affermando che la prenderà in considerazione in seguito, per passare subito alla descrizione della seconda, quella propria de le LEGGI. Quello che qui preme osservare è che il filosofo si tiene "stretta questa" e va, così, in cerca della seconda forma di governo "che sia massimamente di tale qualità", come si pensa di avere dimostrato in nota, ambedue queste espressioni sono riferite alla prima forma, quella de la REPUBBLICA di cui Platone parla subito prima. La seconda forma di governo, che egli ha intrapreso a descrivere, potrebbe essere vicinissima all'immortalità, cioè alla prima forma, riguardo alla quale il filosofo scrive, ἡ μὲν δὴ τοιαύτη πόλις, εἴτε που θεοὶ ἢ παῖδες θεῶν αὐτὴν οἰκοῦσι πλείους ἑνός, (LEGGI, 739d) (In tale stato, dove sia dei, sia figli di dei abitano e sono più di uno,), infatti, gli dei e, forse, anche i figli degli dei sono immortali; inoltre, la seconda potrebbe essere l'unica forma di governo possibile, invero essa è "in secondo luogo, l'unica". Se, poi, teniamo presenti le connessioni anaforiche di ταύτης e di τὴν τοιαύτην di LEGGI, 739e, cit. Sez. 1, pg. 2, che ci rimandano proprio alla prima forma di governo, possiamo trarre le prime conclusioni, cioè i due lavori, la REPUBBLICA e le LEGGI, sono connessi, l'uno completa e spiega l'altro, le due forme di governo descritte sono interdipendenti. Oltre a questo, ricordiamo che, prima della lettura de la REPUBBLICA, come specifica Proclo nella Dissertazione I 5,27s del suo Commento, è necessario aver esaminato accuratamente sette punti e, il settimo è; ἕβδομον τὴν δι'ὅλου τοῦ συγγράμματος διήκουσαν τῶν δογμάτων ἀκολουθίαν ὑπ'ὄψιν ἀγαγεῖν καὶ ἐπιδεῖξαι, καθάπερ αὐτὸς ἐν τῷ Φαίδρῳ φησίν, ὡς εἰς ἑνὸς ζῴου μέρη τε καὶ μέλη συντεταγμένα πρὸς ἄλληλα σύστασιν τὴν πραγματείαν ἅπασαν ἀπηκριβωμένην· ἐν γὰρ ταύτῃ τῇ διεξόδῳ καὶ τὸ πλῆθος τῶν κεφαλαίων ἔσται γνώριμον, καὶ ἡ ἐν αὐτοῖς εἰρομένη τάξις κατάδηλος ὀφθήσεται, καὶ ὅπως εἰς τὸν ἕνα βλέπει πάντα σκοπόν. (DISS. Ι, 6,24s) (Settimo, far vedere e presentare la consequenzialità delle dottrine filosofiche che attraversa tutta l'opera, come egli dice nel FEDRO (264c), come tutta quanta l'opera sia stata lavorata con cura quale concorso nelle parti e nelle membra di un unico essere vivente; infatti, in questa esposizione sarà nota anche la gran quantità dei punti principali e la disposizione che è stata detta in loro si vedrà chiaramente e si vedrà come tutte le cose abbiano lo sguardo rivolto verso l'unico scopo.). Ora, dall'edizione del Commento di Proclo in bibliografia, risulta che il riferimento al FEDRO è, Ἀλλὰ τόδε οἶμαί σε φάναι ἄν, δεῖν πάντα λόγον ὥσπερ ζῷον συνεστάναι σῶμά τι ἔχοντα αὐτὸν αὑτοῦ, ὥστε μήτε ἀκέφαλον εἶναι μήτε ἄπουν, ἀλλὰ μέσα τε ἔχειν καὶ ἄκρα, πρέποντα ἀλλήλοις καὶ τῷ ὅλῳ γεγραμμένα. (FEDRO 264c) (Ma, io ritengo, tu potresti dire quanto segue, è necessario che ogni ragionamento sia stato formato come un qualche essere vivente, ragionamento avente come un qualche corpo di sé stesso, cosicché né sia senza capo né senza piedi, ma abbia parti mediane ed estremità convenienti le une alle altre ed interamente scritte.). Dunque, nella REPUBBLICA troviamo una gran quantità di parti principali, tutte le dottrine filosofiche sono consequenziali e tutto ha lo sguardo rivolto verso un unico scopo. Platone, nel luogo citato del FEDRO, afferma proprio che ogni ragionamento deve essere connesso, non deve essere senza capo né piedi, orbene, se l'autore della REPUBBLICA afferma questo riguardo al ragionamento, non vedo perché essa, che è, appunto, un ragionamento, non dovrebbe avere queste proprietà. quindi è ben presente all'intelletto, sia essa è stata menzionata precedentemente e, quindi, si ha l'anafora. Di conseguenza, ταύτης si riferisce alla prima forma di governo, del resto, come si potrebbe riferire alla seconda? Τὴν τοιαύτην, per la traduzione di questo con "di tale qualità", sia si ricorda l'impiego anaforico di tale pronome come da Ausführliche Grammatik II, §647 A.7 e ΓΡΑΜΜΑΤΑ § 126 § 125 (Il pronome οὗτος indica, di solito, persona o cosa già nominata o di cui si parla.). Per un esempio, in Platone, di impiego di τοιοῦτος con articolo in senso anaforico, si veda nota 2 pg. 2 (RSP. 590c). Per concludere, direi che anche l'avverbio ἄλλῃ (altrove) indichi un altrove da questa prima forma, ora, poiché "non è necessario cercare altrove….ma tenendosi stretta questa", direi che il "questa" (ταύτης) sia proprio quella prima forma di governo di cui si è appena parlato. 4 Per la traduzione con "in secondo luogo", si ricorda καὶ τὸ δεύτερον δευτέρως (LEGGI, 696e) (e il secondo in secondo luogo (viene onorato)). Hemmerdeana, Halis Saxonum, 1794, da http://books.google.it/ Nietzsche, Friedrich W. SULL'AVVENIRE DELLE NOSTRE SCUOLE, a cura di Luca
Il saggio si concentra sulle presenze della filosofia platonica all'interno della Theologia Summi Boni di Pietro Abelardo.
Dans une intervention précédente j'ai essayé de montrer que Heidegger a finalement refusé de faire place, dans sa philosophie, à la notion platonicienne d'idée, bien qu'elle semblait, selon un certain point de vue, être une figure capable de représenter l'ouverture originelle de l'être qui était au coeur des recherches de Heidegger dans les années qui entourent Être et Temps. La raison de cela, à mon avis, est que l'approche aristotélicienne de la philosophie de Platon par Heidegger explicitement adoptée conduisait au bout du compte à interpréter l'idée de Platon comme une substance (et donc comme une figure de l'étant et non pas de l'être). Mais qu'en est-il de l'idée du bien, qui pour sa détermination téléologique et pour sa collocation au-delà de l'ousia d'un coté semblait répondre aux besoins propres à la pensée heideggérienne, et d'un autre côté était plus réfractaire à la substantialisation aristotélicienne (la Verdinchligung de P. Natorp) ? La thèse que je soutiens est que Heidegger, tout en ayant cultivé pour longtemps le projet d'utiliser l'idée du bien comme un précédent important de son ontologie, a finalement décidé que ce projet n'était pas possible, parce que la connotation éthique de cette idée (qui non seulement ne l'intéressait pas, mais qu'il détestait ouvertement) était largement dominante sur l'aspect ontologique.
Un codice copiato a Caffa nel 1416 da Nicola Medici da Camogli (Niccolò da Camogli)
"Dopo che l'esperienza mi insegnò che tutto quello che si incontra comunemente nella vita è vano e futile, vedendo che tutto ciò da cui temevo e che temevo non aveva in sé nulla né di bene né di male se non in quanto il mio animo se ne commuovesse, stabilii finalmente di ricercare se ci fosse un vero bene che si comunicasse a chi l'ama e ne occupasse da solo l'animo respingendo tutte le altre cose: se ci fosse qualcosa, trovata e ottenuta la quale, io potessi in eterno godere continua e somma letizia." (B. Spinoza, Tractatus de intellectus emendatione, Prefazione). Questo brano evidenzia che Spinoza concepì e attuò la filosofia come ricerca del miglior modo di vivere, ossia ponendosi un eminente obiettivo praticomorale. Da questo punto di vista, il pensiero spinoziano si riallaccia in generale a quello delle scuole etiche dell'età ellenistica-cinismo, epicureismo, stoicismo, scetticismo-e segnatamente a quello della scuola stoica, di cui condivide l'idea che il principio etico fondamentale sia del tutto naturale e consista nella conservazione e nel potenziamento della propria esistenza; ma anche la tesi secondo cui nell'uomo tale principio coincide con l'agire razionale e la libertà dalle passioni. Tuttavia, la ripresa spinoziana dello stoicismo non è diretta, ma è filtrata e mediata dalle filosofie di Michel de Montaigne, erede rinascimentale del pensiero etico antico, e di Thomas Hobbes, che a sua volta riprendeva e riproponeva, in chiave moderna, l'antico materialismo stoico. Inoltre, sempre a livello etico, il razionalismo spinoziano risale fino alle spalle delle stesse scuole etiche ellenistiche, riconnettendosi al loro ispiratore, Socrate, dal quale Spinoza mutua la tesi dell'equivalenza bene=conoscenza e quella dell'identificazione dell'agire razionale con il più efficace perseguimento del proprio utile. Se queste sono le radici etiche del pensiero spinoziano, sul piano ontologico, fondamento per Spinoza di quello etico, egli si rifà direttamente, ma assai criticamente, all'opera di Descartes, ma anche al pensiero neoplatonico rinascimentale di Niccolò Cusano e Giordano Bruno, e, attraverso di esso, al neoplatonismo antico di Plotino. In questo senso, la metafisica spinoziana può essere interpretata anche come una versione "scientifica" del neoplatonismo, ossia come una revisione del neoplatonismo alla luce del metodo e delle scoperte della scienza moderna di Copernico, Keplero, Galileo, Bacone e dello stesso Descartes. Più specificamente, Spinoza riprende dalla tradizione neoplatonica da un lato il monismo articolato-cioè l'identificazione della realtà con un unico e sommo principio (l'Uno) capace però di differenziarsi a partire dalla dualizzazione in due supremi sottoprincipi (mente e materia)-e dall'altro il panenteismo, cioè la tesi di fondo per la quale l'intera realtà, sia fisica sia mentale, è contenuta e diviene nel Dio-Natura eterno ed immutabile. Salvo che, mentre il panenteismo rinascimentale concepiva l'universo come un ordine animisticoorganicistica, quello spinoziano lo configura come un sistema meccanico a sua volta fondato su un ordine logico-matematico. In antitesi alle esplicite dichiarazioni di Spinoza, la sua metafisica fu erroneamente interpretata come un materialismo ateo e come tale sia
‘VEDERE’ L’INVISIBILE Rileggendo il XXXIV libro Sulla natura di Epicuro (PHerc. 1431) a cura di Giuliana Leone Francesca G. Masi Francesco Verde Sesto Supplemento a «Cronache Ercolanesi», 2020
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L’orizzonte platonico del pensiero steiniano – anima, ragione e spirito., 2016
Studi Etruschi LXXXIII, pp, 121-30, 2020