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2024, Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo, https://www.ereticopedia.org/vincenzo-tizzani
https://doi.org/10.5281/zenodo.1309444…
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Vincenzo Tizzani (Roma 1809 –1892) è stato un sacerdote e storico romano, appartenente alla congregazione dei Canonici Regolari del SS. Salvatore Lateranense, autore del trattato Sul magnetismo animale. Discorso istorico-critico (1842), uno dei primi studi cattolici sul magnetismo animale in Italia.
Dizionario biografico degli italiani, 2019
Vita e opere del celebre stampatore editore e autore veneziano. Life and works of the famous Venetian editor, printer, and author.
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 97 (2020), 2020
«Dizionario Biografico degli Italiani», Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. XCVIII, 2020
Seconda parte Il nome di Tiberio Claudio Quinziano, oltre che nell'epigrafe di cui si è parlato nella prima parte, ricorreva, come già anticipato, in un altro epitaffio, con dedica da parte del figlio omonimo. Esso era scolpito su un grosso sasso "di figura piano-convessa con quadretto in mezzo" che giaceva in una località denominata "Polignano" o anche "Piscone" (1) , attualmente in agro di Scampitella. La scritta fu segnalata dal dotto canonico Andrea Calabrese all'Istituto di Mommsen nel 1877, in forma alquanto diversa (2) da quella poi emendata, ma di quel monolito, purtroppo, non vi è oggi più alcuna traccia, per cui il nostro assunto ha come unico supporto uno scritto apografo comunque attendibile. In conformità con quanto è debitamente documentato in CIL IX 6289, sarebbero stati riportati i nominativi di due omonimi Quinziano, padre e figlio. Questo sarebbe stato il contenuto dell'iscrizione: D M tI · ClAVDIVS qVINTIANVs PAtRI · SVO · TI ClAVDIO · qVi NtIANO · B · M · F La ricognizione operata da Mommsen, o dai suoi collaboratori, con le opportune mende, ci ha restituito il testo in una forma che si avvicina di molto a quello che doveva essere l'originale. In questa seconda epigrafe è il figlio Ti(berio) Claudio Quinziano artefice della dedica al genitore defunto. Credo non vi sia dubbio di sorta circa l'identificazione di Quinziano padre con il personaggio citato nell'epigrafe fatta incidere da Rubria Resillia. Ovviamente, resta l'irresolubile interrogativo sul motivo per cui ben due lapidi sarebbero state dedicate al medesimo individuo. Si può solo supporre che Tiberio Claudio Quinziano padre possa essere stato un personaggio eminente e che, quindi, il figlio abbia voluto rendere omaggio alla sua memoria per perpetuarne indefinitamente il ricordo. Se l'intento era tale, bisogna riconoscere che l'obiettivo è stato conseguito e quanto meno i nomi di quei personaggi sono stati sottratti all'oblio se, ancora oggi, dopo quasi duemila anni, sono oggetto del nostro interesse. Un'altra plausibile congettura si può formulare in relazione alla forma di questa seconda lapide, che, probabilmente, poteva essere una colonna eretta, per attirare l'attenzione del viandante, e non un semplice segnacolo adagiato sul terreno. In alcuni luoghi del "Corpus Inscriptionum Latinarum" si parla espressamente di "forma columnae", come ci è dato constatare anche da immagini relative alla tipologia di tali manufatti. La dimensione stessa della pietra ("lapis ingens") potrebbe supportare l'ipotesi che Claudio Quinziano fosse un notabile di un certo rango sociale. E di certo egli apparteneva a una delle più illustri e nobili prosapie di Roma, sia dell'epoca repubblicana che imperiale. La gens Claudia, di remota origine sabina, si sarebbe stanziata già in epoca arcaica, secondo Mommsen, nei pressi dell'Aniene. E solo nei primordi della Repubblica Romana sarebbe approdata a Roma con tutto il seguito dei "clientes", essendo subito accolta nel contesto della classe magnatizia e divenendo, in breve, una delle famiglie più in vista della "Città Eterna". I suoi membri, nel corso dei secoli, ricoprirono spesse volte le più alte magistrature, per poi dare origine alla dinastia imperiale conosciuta storicamente come "Giulio-Claudia". La presenza dei Claudii è documentata, per la massima parte, in numerose città ed in municipi della prima regione augustea, soprattutto nel territorio di Roma e della Campania, ma non mancano le attestazioni di cospicui insediamenti anche nei territori finitimi ed in quelli della seconda regione. In territori a noi prossimi, componenti della "gens Claudia" sono attestati a "Flumari in doana", o a "Gruttis Minardae ante aedes praetoris". Infatti, una lapide , rinvenuta in una o altra di quelle due località, riportava il nome di Ti. Claudio Novembre, con dedica dell'epitaffio alla memoria del figlio benemerito Ti. Claudio Massimo, il quale, a soli ventisette anni, era già stato duumviro, edile e questore. Sempre a Flumeri, a un certo Ti. Claudio, magistrato municipale, che aveva seguito tutto il "cursus honorum", è ascritto il merito di aver ripristinato, previo consenso dello stesso imperatore, la transitabilità della strada che conduceva in Apulia, per una lunghezza di duemila passi, rendendo, in tal modo, più agevole il cammino ai viandanti che si recavano in quella regione (4) . Si deve presumere che la via di cui si parla debba essere l'Appia o, in alternativa, la Traiana, ipotesi meno plausibile, in quanto era stata fatta costruire da poco dall'imperatore da cui poi trasse la denominazione. Invece, sappiamo da altre fonti, proprio l'antica "regina viarum", ridotta in pessime condizioni, abbisognava di urgenti lavori di riparazione, per cui è legittimo ritenere che la via menzionata nella lapide, peraltro mutila, si riferisca proprio ad essa. Inoltre, la citazione dell'imperatore in carica, nella persona di Cesare Traiano Adriano Augusto, ci consente di datare quei lavori di rifacimento tra gli anni 117 e 138, che rappresentano i limiti cronologici del regno di Adriano. Il fatto, poi, che la lapide in oggetto sia stata conservata "in castro Flumari in ecclesia S. Mariae", autorizza a ritenere che essa fosse stata ritrovata proprio nel territorio di quel municipio che rappresentava, a quell'epoca, uno snodo viario cruciale per gli spostamenti delle persone, delle merci e degli eserciti da Roma verso la Puglia. Del resto, il grosso insediamento urbano emerso in località Fioccaglie, a valle dell'abitato, su una collina posta in posizione strategica nel punto di biforcazione delle valli dell'Ufita e della Fiumarella, conferma una tale ipotesi. Su una lapide, probabilmente rinvenuta "in agro Mirabellano, inde traslata Abellinum in tribunale", Betizio Rufino esprime il proprio acerbo cordoglio per la scomparsa della figlia, appena sedicenne, Betizia Quintiliana o Quinziana, in una con il genero Claudio Giustino (5) . Una lapide ritrovata "in criptis Aeclanensibus" nel 1824, e successivamente trasferita ad Avellino, per poi far perdere le proprie tracce, ci rende edotti di un eminente personaggio di quel municipio di nome Tiberio Claudio figlio di Tiberio (6) . A Luogosano, che un tempo faceva parte della diocesi frigentina, su una lapide (7) scoperta presso la torre campanaria e mutila nella parte superiore e inferiore, nonché sul margine destro, è attestato il nome di Claudio Dulcizio Primo, vissuto, forse, solo un anno, senza ulteriori specificazioni. A Sant'Eleuterio, contrada di Ariano, è attestato un Claudio Liberale, evocato, che curò l'edificazione di un monumento funebre in onore del fratello Marco Aurelio Muciano, che aveva militato per sedici anni nella coorte pretoria denominata "Aquila" (8) . A Benevento, Claudio Fortunaziano ricorda, su una "columna formae lucanae" (9) , la figlioletta Claudia Capreola. E nella medesima città, sotto il palazzo dell'arcivescovo, su una lapide (10) , fatta collocare appositamente per ordine delle autorità municipali, si rammentano le benemerenze di Claudio Giulio Pacato, come patrono della città e giudice equanime. Poco oltre, nella valle Caudina, a Montesarchio, una pietra tombale, che si trovava "nel convento di San Francesco nel secondo scalino dell'altare maggiore" (11) , ci reca memoria di Ti. Claudio Restituto, della consorte Claudia Tertulla e del figlio Claudio Felice, che, con altri parenti, condividono il monumento funebre. Nella parte opposta di quella medesima regione, a Venosa, Claudio Firmino dedica un epitaffio alla memoria del padre Ti. Claudio Massimo (12) appartenente alla tribù Orazia. A Canosa è documentata una cospicua presenza di individui appartenenti alla "gens Claudia", che approdarono in quel municipio forse già in tarda età repubblicana o, comunque, in età imperiale, durante la quale risultano ben rappresentati anche nel ceto magnatizio. Nel contesto di una intera famiglia di liberti, si ha notizia di un Ti. Claudio Primigenio, al quale è destinato il monumento funebre fatto predisporre da P. Bebio , oltre agli altri numerosi componenti della stirpe. Su una pietra, ritrovata presso l'Ofanto nel 1866, è inciso il nome di Claudio Trasone Sintinche, senza ulteriori notizie sui committenti . Tuttavia, il reperto di gran lunga più interessante è la tavola bronzea ritrovata nel 1675, tra i ruderi dell'antica Canosa, da alcuni villici, mentre vi stavano effettuando dei lavori di scavo. Essa riporta i nominativi di ben cento decurioni di quel municipio. Dopo varie peregrinazioni, il reperto pervenne a Venezia e di lì a Firenze, ove trovò infine una degna sistemazione nel Museo Mediceo . La disposizione dei nomi dei magistrati segue il criterio dell'anzianità della carica ricoperta . Inoltre, la lista comprende anche ex magistrati "honore functo", e quindi essa ha una estensione temporale, anteriore alla compilazione, che va dai trenta ai venticinque anni . Tra i vari decurioni, vi sono nominati diversi cittadini appartenenti alla "gens Claudia" e alcuni di essi sono citati tra le magistrature più importanti e prestigiose. Il patronus Ti(berius) Claudius Iulianus sicuramente appartenne alla élite municipale di Canosa, figurando al primo posto nella colonna dei patroni di rango senatorio . La designazione dei patroni avveniva di frequente tra i personaggi che, avendo tenimenti cospicui nelle varie regioni , erano cooptati come patroni di quei territori , potendo, con il loro prestigio e la loro influenza, tutelare efficacemente gli interessi delle popolazioni presso i centri di potere della capitale dell'Impero. Rispetto alle origini, il patrono, in genere, era prescelto tra i concittadini autoctoni o residenti temporaneamente nel municipio. Ma poteva anche essere originario di una città viciniore o del tutto estraneo al contesto municipale, il che avveniva solo in casi eccezionali . Si dava il caso, poi, che due o anche più municipi avessero un medesimo patrono. Un Ti(berius) Claudius Onesimianus figura tra i "duoviralicii" , magistratura che...
69- “Guido Casoni, Venezia e l’Accademia degli Incogniti,” in Guido Casoni: Un letterato veneto tra ‘500 e ‘600 (Vittorio Veneto: De Bastiani, 2008), 53-69., 2008
Importanza di Guido Casoni nella Venezia dell'Accademia degli Incogniti
I Cistercensi di Tiglieto. Mille anni di storia e di culto in valle d'Orba, 2008
La diffusione in Italia dell’ordine cistercense è stata avviata quasi mille anni fa da un piccolo nucleo di monaci vestiti di bianco approdati nella piana di Tiglieto con un progetto che voleva essere di conservazione e che, invece, ha innescato una vera e propria rivoluzione. Venivano direttamente dalla Francia e cercavano un deserto forestale per isolarsi dal mondo e per applicare alla lettera, senza indulgenze né remissioni, i precetti della Regola di san Benedetto. Volevano solo pregare e lavorare, riprendendo la mistica primordiale del monachesimo, ma nel loro bagaglio portavano tali e tante innovazioni, spirituali e materiali, che ben presto si trovarono a far parte di un movimento imponente, destinato a segnare in profondità l’intero occidente cristiano. Ne seguì un’affermazione che per Tiglieto e per i cistercensi pareva destinata a non finire mai e che, invece, altrettanto bruscamente si interruppe. E venne il tempo della decadenza, morale e materiale, delle spoliazioni, della vita stenta e, infine, dell’abbandono di Tiglieto da parte degli ultimi monaci. Testimone della passata grandezza restò solo la badia, soggetta a continui sfregi, capace di accumulare ferite su ferite come il tronco di una vecchia quercia. Nel 1648, finalmente, la prima inversione in un destino che pareva segnato: l’antico monastero e la piana passano entrano nel possesso della famiglia Raggi. La piana sulle rive dell’Orba diventa la sede di una grande azienda agricola che, in pratica, si identifica con un paese.
Dizionario biografico degli italiani online, 2013
Niccolini, Pietro Dizionario Biografico degli Italiani -stampa di Michele Nani NICCOLINI, Pietro. -Nacque a Ferrara il 22 gennaio 1866 da Antonio e da Francesca Bozzoli.
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Scheda biografica e letteraria del poeta monrealese del XVII Antonio Veneziano.
F. M. Giani, "Aurelio Luini. Martirio di San Vincenzo", in "Bernardino Luini e i suoi figli", a cura di G. Agosti, J. Stoppa, Milano, Officina Libraria, 2014, pp. 342-345, 2014
Dizionario biografico della Calabria contemporanea, 2022
Voce "TORNABUONI, FRANCESCO", in "Dizionario Biografico degli Italiani", vol. 96, Roma, Treccani, 2019
Vezzi d'Erato, Leonardo Quirini, 2011
Published in: I. Consales - G. Scalessa (a cura di), Belli e l’archeologia. Atti delle giornate di studio, Roma 4-5 dicembre 2009, Roma 2011, pp. 29-53