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"Margo", n.4, 1990
"Muta affilavo il cuore al taglio di impensabili aquiloni" Ricordare non è semplice, non può essere cercato deliberatamente, tanto meno invoca abilità mnemotecniche, soprattutto quando è in questione non il ritorno a quanto uno ha detto o fatto, ma a ciò che da sempre si è. Se l'atto della rimernorazione è difficile, la scrittura che prova a dirlo è quasi impossibile. Nel rischio, nella cautela tormentata di questo "quasi" vengono scritte storie cercando di toccare con un dito, almeno per una volta, il bambino dimenticato dentro di noi" (Saint-Exupéry). Come si vede con gli occhi di un bambino? Si ripresenta la difficoltà di prima. E meglio tenere gli occhi spalancati, ben aperti in attesa della visione? O avere le pupille rovesciate verso l'interno, per venire attratti da un mulinello verso quel fondo senza fondo in cui da sempre siamo e non siamo? Ma, notava Pavese a proposito delle origini del mito e del simbolo, "rigorosamente, non esiste un 'vedere le cose la prima volta': quella che conta è sempre una seconda" . Questo non è un dire dimezzato, è dire il possibile e l'essenziale degli eventi unici e significativi che intessono e circoscrivono il cono di luce in cui un'esistenza accade.
Poesie di Cristina Campo, 2017
Vittoria Guerrini, più nota con il nome d’arte di Cristina Campo, è stata riscoperta solo in anni recenti, ma forse ancor oggi è alquanto sottovalutata. Certo la sua produzione poetica è quantitativamente limitata (una sola raccolta edita, Passo d’addio, nel 1956), ed ha contribuito al misconoscimento anche la sua volontà di eclissarsi, se pensiamo che ella amava dire di sé: "Ha scritto poco e le piacerebbe aver scritto meno”. Ma estremamente interessante è la ricerca che ella attua del senso della vita e la totale identificazione tra vita e opera che si respira nella sua poesia. Scrivere era per lei pregare (“Ma io non ho, davvero, che la poesia come preghiera”), cercare nelle realtà materiali “echi che alludono ad altre cose”, navigare verso la verità essenziale dell’essere. Il suo stile personalissimo è caratterizzato da una profonda ricerca della parola esatta e incisiva, della bellezza e purezza assoluta. Dopo la sua morte sono apparsi pochi altri testi poetici, che non vanno però considerati (come alcuni critici hanno ritenuto) “versi dispersi”, bensì tessere di una raccolta organica, che la Campo avrebbe anche voluto pubblicare con il titolo Le temps revient, a sottolineare le tappe della sua quête spirituale, il “tentativo di capire – e di sopportare” la vita, in un sempre più fitto dialogo con i testi sacri e gli autori amati. Straordinaria è anche l’ultima tappa della sua produzione poetica, i quasi duecento ostici e densi versi del Diario bizantino, che testimoniano la sua convinta adesione alla religione ortodossa, l’unica (ella riteneva) in grado di spalancarle le strade della mistica, alla scoperta della “meravigliosa carnalità della vita divina”, l’unica quindi che avrebbe potuto opporsi alle forze del caos che ella vedeva approssimarsi.
in S. Chemotti, Le graphie della cicogna. La scrittura delle donne come ri-velazione, Il Poligrafo, Padova 2012, pp. 129-139
Borges lo scrittore ispanoamericano maggiormente ammirato e seguito da Cristina Campo che "subì il fascino della [sua] figura e del simbolo del labirinto letterario''.^ A quest'autore dedicherà infatti nel 1960, alcune brevi ma incisive pagine critiche^ nelle quali sottolinea la sua unicità: "è il solo autentico narratore umanista che il mondo ancora possegga" afferma, e poi ancora: "un lirico della storia, un erudito della poesia, nei cui testi si incontrano e si sublimano [...] i segreti e gli splendori di tutte le tradizioni: [...] Tarabo-ispanica, [...], la platonica, la càtara, la gnostica, la cabalistica, l'alchimica".^ Di Borges però mette in risalto anche la capacità di attuare quella "vera creazione per mezzo della parola" (che consisteva, come precisava Hoftnannsthal, nel "Descrivere con estrema precisione fìsica cose fisicamente impossibili") e che era riservata a pochissimi: "è forse il solo scrittore vivente che [ne] sia ancora capace", precisava."* In un secolo che le appariva come un "blocco cieco, mutilo e massiccio", la fantasia creativa di questo scrittore riusciva inoltre a creare "leggermente, vertiginosamente un'apertura" che apriva nuove, rivitalizzanti, prospettive: ci lascia intravedere ancora una volta lo sterminato "mondo che sta dietro quello vero" e senza il quale il mondo vero sarà ben presto un mondo spettrale.^ Allontanando l'ipotesi che i suoi tragici e iridescenti racconti" potessero essere considerati solo "un seguito di formule esoteriche", sottolinea la sua fondamentale e primaria capacità narrativa:
Cristina Campo e Maria Maddalena, 2022
Maddalena e Cristina ebbero entrambe tale estraneità tanto assoluta quanto radicale al proprio tempo: l’inesausta ricchezza del riserbo, la trama preziosa del cenno silente, potente e arcano, la percezione altissima e attenta. È qui, leggiadramente inscritta in questo archetipo, l’ardente, integra, nobilissima Cristina: che deplora le bassezze e le viltà dell’umano, che invoca la benedizione di una coperta ascesi, nella regalità della sprezzatura: poiché sa che «con un cuore legato non si entra nell’impossibile», di nulla tiene conto, tutto lascia e perde per tutto ritrovare; Cristina che si fa cava, rispondente, che fa di ogni mancanza un invaso di carità: «La necessità di accettare, l’uno dell’altro, la parte sconosciuta, fanciullesca, ferita […] richiede viaggi agli Inferi, salite al Carmelo, per mostrarci il suo volto. Come riuscire a fare al prossimo la domanda di Anfortas: “Fratello, qual è il tuo tormento?”».
Zibaldone Estudios Italianos De La Torre Del Virrey, 2014
L'ospite ingrato, 2022
L’articolo è dedicato all’antologia di racconti di Katherine Mansfield Una tazza di tè e altri racconti, curata e tradotta da Vittoria Guerrini (Cristina Campo) per Frassinelli nel 1944. Il lavoro sulla Mansfield si colloca in un momento importante del percorso intellettuale della Campo, che nello stesso periodo in cui appare questa traduzione inizia la sua attività letteraria come poeta e saggista. Per ricostruire la storia editoriale di Una tazza di tè e altri racconti si confronterà il testo della prima edizione con le ristampe apparse nel 1952 e nel 1966. Nell’articolo sarà inoltre presentato e analizzato un documento rilevante per chiarire l’iter traduttivo della raccolta: la lettera di Cristina Campo a Fernanda Ojetti del 20 agosto 1945, conservata nell’Archivio Contemporaneo Bonsanti di Firenze e finora inedita e sconosciuta.
Gli incroci con i Servi di Maria David Turoldo e Giovanni Vannucci nella Firenze del secondo dopoguerra, le opposte valutazioni del rinnovamento conciliare, la "battaglia perduta" di "Una Voce": la studiosa amica di Cristina Campo ricorda personalità ed eventi in un dialogo ampio e disteso.
Il progetto di ricerca fa riferimento ad alcuni tratti salienti della produzione letteraria e dell’attività intellettuale di Cristina Campo, che si vuole focalizzare con lo scopo di distinguere i presupposti poetici e critici fondanti, all’interno di un quadro culturalmente inglobante. Oltre a rilevare gli elementi strutturali caratterizzanti della sua prosa letteraria e saggistica, si cerca inoltre di individuare le risonanze autobiografiche basandosi su interrelazioni tra i vari generi letterari, nonché di contestualizzare i richiami esterni che testimoniano delle affinità riscontrabili nelle opere degli autori classici e contemporanei. Un’ulteriore area tematica riguarda i principali aspetti derivanti dalla predisposizione della scrittrice per la contaminazione interdisciplinare. Ci si propone anche un approfondimento sui rapporti di Cristina Campo con l’ambiente culturale veneto.
Accorgersi di tutto. Il sacro poetico in Cristina Campo, 2024
Il sacro, come percezione dell’ulteriore, sentore di ciò che trascende la materia, ne è perpetua ipotesi di senso e sorgente. Teso come un arco al cielo è il percorso esistenziale e letterario di Cristina Campo: pseudonimo prediletto di Vittoria Guerrini, quell’anima prescelta che, tenendosi voce fuori dal coro, fu ardita vestale di cose imperdonabilmente celesti in un’epoca di fallaci sovversioni e fatue avanguardie: in quel novecento dal progresso lineare in cui banalità e volgarità, figlie del consumo, fecero fatale irruzione, riducendo via via l’interiorità a una larva silente, asservita al più ottuso e sterile materialismo. La vita di Cristina, cronologicamente, crudelmente, vive questo tempo storico; ma è invece una continua ricerca d’intimità con il sacro, un continuo esercizio di “dissidenza dal gioco delle forze, una professione d’incredulità nell’onnipotenza del visibile ” che corrisponde a una peculiare ascesi: dal semplice atto del vedere alla percezione di ciò che davvero esiste: “e che altro veramente esiste – si domandava Cristina – in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo?
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Cahiers d’études italiennes
"Frammenti di filosofia contemporanea", a cura di I. Pozzoni, vol. XXIX, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
"Parole, immagini e situazioni", a cura di G. Pannunzio e I. Pozzoni, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
vol. del progetto editoriale da determinare, Limina Mentis Editore, Villasanta; consegnato, e accettato per la pubblicazione con la conferma dell’Editore
Alla ricerca delle tracce: da San Juan a Borges, in Per Cristina Campo, All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano, 1998
Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati, 2019
"Cesare Pavese al tempo del coronavirus. Ventesima rassegna di saggi internazionali di critica pavesiana", a cura di Antonio Catalfamo, I Quaderni del CE.PA.M-Guida Editori, Napoli, 2021, pp. 169-177.
Cahiers d'études italiennes , 2023
Italica Wratislaviensia, 2020
UniSa. Sistema Bibliotecario di Ateneo, 2018