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2007
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AbiTO Abitudini estetiche e arte pubblica Il caso Torino, 2024
The collective dimension of aesthetic experience can coalesce in the distinctive character or style of a place. Building on this premise, the chapter explores the ways in which urban lifestyles shape an aesthetic niche. Taking Turin as a primary example, the discussion centers on the role of socially shared and historically transmitted aesthetic habits that forge and are contingent upon a city’s expressive atmosphere, and which influence the taste and the aesthetic disposition of its inhabitants.
IL7 Magazine, 2023
2020
È noto che la preoccupazione, e meglio si direbbe l'assunto espressivo, di Nino Rota, nell'accingersi a comporre la sua Cantata intitolata bellianamente a Roma capomunni (1972), era quello di rifuggire ogni tonalità celebrativa o accademica, per restituire invece «in modo vivo», libero dai gravami ideologici o retorici di ottiche convenzionali, gli «aspetti più significativi e, per così dire, universali della Città eterna». Così, infatti, il compositore milanese dichiarava-e lo ha opportunamente evidenziato uno specialista di Rota come Pierfranco Moliterni 1-nel testo riprodotto sulla retrocopertina dell'edizione discografica di Roma capomunni. Ed era una dichiarazione, nella sua linearità, assai significativa: non solo perché confermava le peculiari inclinazioni intimiste e speculative-sottolinea Moliterni 2-della poetica rotiana, ma pure perché dava conto della singolare visione di Roma sottesa alla scelta dei testi che dovevano costituire il tessuto narrativo e orientare il «tono poetico» (come lo stesso Rota scriveva 3) dell'opera. Una visione partecipe e insieme disincantata, storica e tuttavia non mitografica, cui l'assunzione dei sonetti belliani-a Rota suggerita dal suo sodale e «correligionario della setta rosacrociana risalente a Giuliano Kremmerz», 4 «Vincenzo Vinci» Verginelli, che la disponeva come asse portante e cornice tematica dell'opera-offriva una angolazione prospettica per la quale la grandezza proverbiale dell'Urbe poteva essere originalmente declinata (pur forse non senza l'afflato palingenetico di qualche nuance misteriosofica sottesa alla partitura 5) nel chiaroscurale realismo di una variegata e però iterativa contingenza quotidiana-come, entro un diverso codice estetico di cui peraltro proprio la musica di Rota costituiva un elemento decisivo e indispensabile, Federico Fellini contemporaneamente la dipingeva nel film ad essa intitolato: sontuosa e misera, universale e quotidiana, splendente e degradata, caduca ed eterna. Analogo, per certi suoi tratti e, più, per la focalizzazione esistenziale che, in misure pur diverse, li sottende e sommuove, può risultare infatti, e non per caso, l'affresco trans-storico rotiano a quello dell'artista riminese: entrambi intesi a coniugare la dimensione epica del tempo inscritta nella città di Roma, la sua linea comunque continua ancorché scandita da mutazioni paradigmatiche, la sua monumentale istituzionalità, per così dire, con quella, antiepica e frammentaria, della sua molteplice e immutevole fenomenologia quotidiana, della sua eticità esistenziale. Ma se l'affresco del Fellini pasticheur cresceva tutto nella proliferante accensione visionaria dello sguardo filmico, nella Cantata rotiana le escursioni temporali transcodificate dalla silloge testuale nella partitura derivano da un sapiente assemblaggio di materiali letterari e linguistici esibitamente eterogenei, che la sequenza dei sonetti belliani è demandata non solamente a tenere insieme, ma a risemantizzare, in un pastiche storico-espressivo nel quale ciò che viene messo primariamente in gioco, e fa problema, è appunto il senso del tempo, la prospettiva dalla quale traguardare la rappresentazione musicale della città «capomunni». Per un verso, infatti, i brani 6 tratti da Virgilio, Orazio, Plutarco , dal Venerabile Beda, e da Servio, Dante, Macrobio, Goethe, Byron, da cori popolari medioevali o risorgimentali, e infine dal classicheggiante preziosismo lirico di un raffinato contemporaneo come Giorgio Vigolo, peraltro insuperato editore di Belli, andavano a costituire le stazioni di una sconfinata parabola diacronica, in quanto reperti e voci di una complessa ma unilineare temporalità storica, testimonianze emerse dalle vicende e dalle età che Roma visse e in sé racchiude. D'altro canto, l'Ottocento dialettale e plebeo istoriato nei sonetti belliani, più che evocare un secolo, e oltre che sceneggiare, dietro al fasto, il degrado e la violenza del corrotto potere del Papato,
storia diritto commerciale
CAP. 1-LE ORIGINI DEL DIRITTO COMMERCIALE 1. Le consuetudini dei mercanti Le origini del diritto commerciale si possono far risalire al XII secolo, allorché nei nostri Comuni si assisteva ad un nuovo spirito di intraprendenza e a una intensa attività economica, che però incontravano un freno nella disciplina all'epoca vigente e soprattutto da un lato nel formalismo del diritto romano e dall'altro canto e contemporaneamente nelle regole del diritto canonico e in particolare nel divieto delle usure. In quel periodo gli scambi commerciali si svolgevano, se non esclusivamente, almeno prevalentemente nell'ambito delle corporazioni di arti e mestieri, libere associazioni di mercanti (e in particolare dei mercanti di panni, che costituiva all'epoca la forma tipica di attività mercantile) e che comprendevano i maestri dell'arte e accanto a essi, ma in posizione subordinata, i loro compagni di lavoro e gli apprendisti (mentre era ignota la figura del salariato). Le corporazioni avevano, nel corso degli anni, acquistano una notevole importanza, un notevole potere, e non solo economico, ma anche politico, in quanto l'iscrizione alla corporazione (alla matricola) era una condizione per potere esercitare i diritti civili e per potere partecipare alla nomina dei componenti gli organi del Comune. D'altro canto la stessa organizzazione giuridica interna del Comune ricalcava molto spesso quella delle corporazioni dei mercanti. È nell'ambito delle corporazioni che nel secolo XII si viene formando un primo nucleo del diritto commerciale in quanto i mercanti nella stipulazione dei contratti di compravendita inserivano delle clausole che erano ignote alle regole del diritto romano comune o che differivano da queste; regole che trovavano la loro giustificazione nelle oggettive esigenze dei traffici e che attenevano alla qualità della materia prima o del prodotto (tipo e percentuale di lana o seta e simili) o alle modalità di pagamento (quando differito) e alle relative scadenze. La pressoché costante ripetizione di queste clausole nel corso degli anni portava al riconoscimento della loro obbligatorietà e poiché un discorso analogo si poteva ripetere per i contratti diversi dalla compravendita, il risultato era l'origine e la natura consuetudinaria del primo nucleo del diritto commerciale. In realtà si trattava di pattuizioni che inizialmente venivano utilizzate dai solo iscritti alla singola corporazione, ma che ben presto manifestarono la loro forza espansiva in quanto finirono per essere utilizzate in tutti i contratti commerciali conclusi da mercanti anche quando le parti non erano iscritte alle corporazioni. Queste clausole contrattuali, in seguito alla loro costante ripetizione, finirono per diventare delle consuetudini (caratterizzate dalla opinio iuris ac necessitatis) e per essere redatte per iscritto. Le prime raccolte di consuetudini sono le Consuetudines di Genova del 1056, il Constitutum usus di Pisa del 1161 e il Liber consuetudinum di Milano del 1216; le stesse venivano poi riprese e sviluppate negli statuti della corporazione (come quello dell'arte della lava di Firenze del 1302, il Breve mercatorum di Pisa del 1316, gli statuti dei mercanti di Parma del 1215, di Piacenza del 1263, di Milano del 1341 e altri) ed erano via via integrate e aggiornate. Un ruolo importante avevano le raccolte di usi delle città marinare e tra le altre il Capitulare nauticum di Venezia del 1255, le Tavole Amalfitane che risalirebbero al sec. XII per la parte in latino e al sec. XIV per la parte in volgare, gli Ordinamenti di Trani del sec. XIV e il Breve Curiae Maris di Pisa del 1305. La necessità di decidere le controversie aventi ad oggetti l'interpretazione o l'esecuzione degli anzidetti contratti indusse gli iscritti alla corporazione a
MediterraneoAntico, 2020
In a certain way Friedrich Nietzsche had guessed it when, speaking about the Paestan temple, he writes that «what is perfect is supposed not to have become» (Human, All too Human). For a long time the "severe" perfection of the temple of Neptune in Paestum had made us forget its becoming, even if irregularities and violations of "canonic" rules were soon discovered. Now the most immemorial past of its construction has been revealed by Dieter Mertens, the great German scholar who is studying the temple of Neptune since 1977. Announced by two articles published during 2019 and based on previous communications in conferences, the so long expected monography regarding the largest temple in Paestum is finally going to be edited. Our knowledge of this 6x14 majestic sacred building is now deeply changed: its stereobate, from the foundations up to the first step of the crepidoma, was executed for a late-archaich temple with a completely different planimetric scheme; later, during the construction of the 6x14 temple, the design underwent an important revision by the architects, that changed the interaxial spacing and consequently the proportional dimensioning of the temple. Pushed by Mertens’ research, the hidden past of temple of Neptune is finally coming forward.
Fortificazioni e società nel Mediterraneo occidentale Fortifications and Societies in the Western Mediterranean Albania e Grecia settentrionale a cura di Luigi M. Caliò, Gian Michele Gerogiannis e Maria Kopsacheili, 2020
The aim of this communication is to share the most recent aquisitions of the italo-albanian mission in Butrint national park led by University of Bologna and the Institute of Archaeology of Tirana. The study intended to collect data from the early phase of the fortification of the city, through all their life. The research began with a critical review of all the published data from the first half of the past century in order to have a tidy collection of all the excavation involving the city’s walls. The work focused then on the study of the different building phases that, with the analisys on the wall’s mortar, led to a first chronological reconstruction. The attention will be focused on the wall section between the Lion and Scea Gates, the most preserved and rich in recognizable building actions. The topographical survey of this section, carried out with 3D Laser scanning technology has resulted in the production of ortophoto and front elevation usefull to the study of vertical stratigraphy and the alteration and degradation phenomena. In addition to this data will be shown the one coming from the stratigraphical dig led during the last research campaign (2018). In the section between the Forum and Tower Gate were led two digs that interested the emplekton of the ellenistic walls that added stratigraphical data to the research.
Antropologia Pubblica, 2020
Parallelamente all'incremento dei consensi e all'ascesa delle destre, un'attenzione crescente ha interessato il divario sociale, economico e demografico tra agglomerati urbani a crescita accelerata e metropoli, da un lato, e città medio-piccole e zone rurali, dall'altro. Questi luoghi-per i quali si utilizza spesso l'appellativo di "abbandonati", caratterizzati da stagnazione economica, declino, spopolamento, alti livelli di disoccupazione e radicata povertà-sono spesso rappresentati come il motore del successo delle destre; una sorta di tropo per discutere dell'ascesa del populismo nel dibattito pubblico e in quello scientifico (Hendrickson et al. 2018; Carter 2016; Rodrígues-Pose 2018). Significativamente però, se le migrazioni occupano uno spazio discorsivo determinante nella rappresentazione dell'avanzata di questi schieramenti politici nelle città economicamente deprivate, limitata attenzione è stata riservata ai migranti stessi e al loro posizionamento nella produzione e ri-produzione del tessuto economico, sociale, politico e affettivo di questi luoghi. Come già sottolineato altrove, a lungo si è trascurato lo studio e l'elaborazione teorica sul posto dei migranti in contesti urbani di diverse dimensioni, al punto che le relazioni e le dinamiche della migrazione continuano ad essere concepite primariamente sulla base di ricerche condotte nelle metropoli e/o nelle città di passaggio e frontaliere (Glick Schiller, Çağlar 2009; Çağlar, Glick Schiller 2011, 2018) 2. Sorprende questa mancanza per diverse ragioni: sul piano empirico, fin dagli anni '90 si è registrata una tendenza crescente all'insediamento dei migranti in città spopolate e in declino, o nelle zone rurali (Jentsch 2007; Kasimis et al. 2003; Kasimis 2010; Pinnila et al. 2008). Inoltre, accanto alla tendenza a stabilirsi sempre più di frequente in queste aree, molte di queste città avvicinano e accolgono attivamente i migranti (e i rifugiati e le rifugiate) nel quadro di politiche di ripopolamento e rivitalizzazione. Mi 1 La traduzione dall'inglese è stata curata da M. Carolina Vesce; la traduttrice ha scelto di usare il termine "depotenziate" per l'inglese disempowered per cercare di restare più vicino possibile all'uso che nell'originale ne fa l'autrice; per lo stesso motivo è stato scelto di non tradurre i termini city-making e city-makers. 2 Per una discussione delle basi epistemologiche e delle conseguenze metodologiche di ricerche e analisi teoriche sull'interazione tra migranti e città nei contesti urbani di confine si veda Glick Schiller, Çağlar 2009. Fin dall'inizio degli anni 2000 gli studiosi si sono concentrati sulla presenza di migranti in contesti identificati come "città di piccole dimensioni" o "città secondarie", per quanto le implicazioni teoriche e metodologiche di queste ricerche abbiano raramente mosso l'interesse degli studiosi di migrazioni.
Un racconto horror di Lunaria "Sopravvissuta ma molto malconcia", scritto il 9 Agosto 2023, su atmosfere ideate da Lovecraft che NON sono rimaste all'interno dei suoi libri ma se ne sono andate a zonzo nella realtà del 2021.
Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna, Catalogo della mostra (Bologna Museo Civico Archeologico 7 dicembre 2019 – 24 maggio 2020), Milano 2019, 2019
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AA. VV., La città senza nome Segni e segnali nella metropoli moderna, 1996
Archeologia Aerea 16 22, 2023
Lessico panlatino della Smart City, 2018
L’ARCHEOLOGO SUBACQUEO XXX n.s., 76, 2024
Perdersi. Note sul Labirinto, 2022
I dialetti Pugliesi Settentrionali, 2019
L’album musicale di Raimondina Thurn-Hofer e Valsassina 1836-1843, a cura di Antonio Carlini e Francesca de Gramatica con Sara dell'Antonio, Provincia autonoma di Trento Castello del Buonconsiglio. Monumenti e collezioni provinciali. 2012, 2012
Segno, Attualità Internazionale d'Arte Contemporanea, 2007
Francesco Spinelli e la pittura funeraria nell’Ottocento: la cappella Pannone nel cimitero monumentale di Bitonto, 2017
TARANTO. LA STEEL TOWN DEI BENI CULTURAL, 2021
Cronache di Archeologia, 2022
DISEGNARECON}