Books by Giovanni Cherubini
Santiago di Compostella. Il Pellegrinaggio medievale, 1998
Il volume si basa su un'amplissima letteratura e su alcune fonti essenziali, ed affronta i proble... more Il volume si basa su un'amplissima letteratura e su alcune fonti essenziali, ed affronta i problemi relativi all'origine, allo sviluppo e alla fortuna, sul piano europeo, del pellegrinaggio a Santiago di Compostela. La qualità dei pellegrini, le motivazioni che li facevano muovere, le strade che essi percorrevano, il viaggio con i suoi tempi, i suoi problemi e le sue avventure, gli effetti che il pellegrinaggio ebbe in campi diversi costituiscono alcuni dei temi trattati nel volume. Che esamina, infine, tentandone una valutazione equilibrata, anche il rapporto tra il pellegrinaggio e l'Europa e tra il pellegrinaggio e la storia di Spagna
Uomini paesaggi storie. Studi di storia medievale per Giovanni Cherubini, a cura di Duccio Balestracci, Andrea Barlucchi, Franco Franceschi, Paolo Nanni, Gabriella Piccinni, Andrea Zorzi, Siena, Salvietti&Barabuffi editori, 2012, 2 voll., pp. 1309 Revisione dei testi davide cristoferi Stampa Con il contributo di Con il contributo del Dipartime... more Revisione dei testi davide cristoferi Stampa Con il contributo di Con il contributo del Dipartimento di Studi storici e geografici, Università degli Studi di Firenze © copyright 2012 Salvietti&barabuffi Editori, Siena tutti i diritti riservati I Tomo ISbN: 978-88-97082-07-1 II Tomo ISbN: 978-88-97082-09-5
Papers by Giovanni Cherubini
A cura di ISA LORI SANFILIPPO -ANNA MARIA OLIVA -FULVIO DELLE DONNE
LA riCerCA deL deCoro urbAno nei duecentocinquant'anni che vanno dall'inizio del Xii alla metà de... more LA riCerCA deL deCoro urbAno nei duecentocinquant'anni che vanno dall'inizio del Xii alla metà del XiV secolo si registrò in italia, come un po' in tutta europa, una crescita delle città, sia pure in modi o con intensità diverse dall'una all'altra parte del paese. in quei secoli si fissarono infatti, tra il Sud, le isole e il Centro-nord, alcune differenziazioni istituzionali destinate a durare nel tempo e a condizionare la storia del mondo urbano, così come della penisola nel suo complesso, in molti dei suoi aspetti. nel Centro e nel nord le città raggiunsero il massimo del loro vigore, dando vita a una famiglia di piccole realtà territoriali, vivacissime e presto in conflitto con l'autorità dell'impero alla quale tentarono e in larga parte riuscirono a sottrarsi. Tra la romagna e il Lazio esse trovarono tuttavia un limite formale nel crescente potere della Chiesa. nell'estremo nord, viceversa, sopravvisse ad esempio in una città come Trento, il potere del vescovo locale sulla città 1 . A Venezia, che era originariamente appartenuta all'impero di bisanzio senza mai passare a quello d'occidente, le forme del potere assunsero, con al vertice la figura del doge, un connotato particolare 2 . nel Mezzogiorno continentale e in Sicilia, al contrario, al particolarismo 1 F. Seneca, Problemi economici e demografici del Trentino nei secoli XIII e XIV, in Studi e ricerche storiche sulla regione trentina, Padova 1953, pp. 7-47; r. bocchi -C. orandini, Le città nella storia d'Italia. Trento, roma-bari 1983. 2 G. Cracco, Società e stato nel Medioevo veneziano (sec. XII-XV), Firenze 1967.
Ad evitare qualsiasi possibile equivoco sul significato da attribuire alla «costruzione della cit... more Ad evitare qualsiasi possibile equivoco sul significato da attribuire alla «costruzione della città comunale italiana» a cui si intitola il Convegno, le prime due parti dei lavori in cui esso si articola prevedono prima «la costruzione materiale della città» e, successivamente «la costruzione dell'identità cittadina», quindi potremmo dire, molto sommariamente e un po' riduttivamente, sia la crescita e lo sviluppo fisico dei centri urbani, in alcuni dei loro caratteri e dei loro luoghi caratteristici, sia la descrizione di alcuni aspetti almeno della loro identità ideale. e tutto questo senza dimenticare l'eredità materiale del passato cittadino , che aveva preceduto la città comunale, e quella caratterizzazione finale della città, che una riconosciuta esperta di storia urbana ha intitolato alla sua «modernizzazione» nei secoli XIII e XIV 2 . Ma si deve aggiungere che il Convegno non ha, molto opportunamente, neppure dimenticato quella fondamentale caratteristica della storia italiana che fu la convivenza tra le città comunali del Centro-nord e le città inserite sin dai tempi normanni nella monarchia dell'Italia meridionale, offrendoci sia un quadro C. La rocca, L'eredità del passato. 2 F. Bocchi, La «modernizzazione» della città alla fine del Medioevo (secc. XIII-XIV). 3 S. tramontana, L'altra Italia: la costruzione delle città nel Mezzogiorno e in Sicilia. 4 C.M. rugolo, L'altra Italia: Bari. 5 M. ronzani, Conclusioni. 6 A.A. Settia, Cerchie murarie e torri private urbane.
non è facile, con pochi giorni a disposizione, sostituire un collega come ovidio Capitani per leg... more non è facile, con pochi giorni a disposizione, sostituire un collega come ovidio Capitani per leggervi, al posto suo, una relazione sulla storiografia relativa alle corporazioni. nel momento in cui gli auguro con affetto un ristabilimento della salute, vi comunico che non mi proverò neppure ad affrontare questa impresa, ma mi limiterò ad offrirvi soltanto delle semplici considerazioni introduttive sul tema del nostro Convegno, armato soltanto di qualche precedente esperienza sulla storia del mondo del lavoro . e per farlo confesso subito di essere ricorso, con profitto, alla competenza di un più giovane collega ed alunno, che mi ha fornito indicazioni e valutazioni che ho provveduto poi ad organizzare e a punteggiare con qualche considerazione personale 2 . a lui va quindi il merito maggiore di in particolare i saggi I lavoratori nell'Italia dei secoli XIII-XV: considerazioni storiografiche e prospettive di ricerca, Artigiani e salariati nelle città italiane del tardo Medioevo, I lavoratori fiorentini della lana fra solidarietà di mestiere e primo capitalismo, tutti riediti in G. Cherubini, Il lavoro, la taverna, la strada. Scorci di Medioevo, napoli 997, pp. 7-66, e il saggio Attività edilizia a Talamone (1357), in G. Cherubini, Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società italiana del basso Medioevo, Firenze 977 2 , pp. 523-562.
Entro i confini della Toscana, a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo, erano compresi sette centr... more Entro i confini della Toscana, a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo, erano compresi sette centri urbani che, indipendentemente dalle loro diverse dimensioni, potevano definirsi delle città a tutti gli affetti 1 . Essi erano sedi di un vescovo e quindi capoluogo di una diocesi. Avevano un numero di abitanti, un aspetto fisico, delle attività economiche, una struttura sociale, una vita culturale, una organizzazione politica, un bagaglio di memorie e di ambizioni, un distretto da loro almeno in linea di principio dipendente, che li differenziavano profondamente sia dalle campagne aperte che dai castelli anche abbastanza popolosi. Queste città erano Volterra, Siena, Arezzo, Pisa, Lucca, Pistoia e Firenze. Tutte avevano una origine antica, romana o preromana 2 . Altre antiche città come Roselle, Sovana e Fiesole, pur essendo ancora sede di un vescovo e capoluoghi di diocesi, erano invece profondamente decadute e accoglievano una popolazione molto ridotta, così che soltanto per quell'aspetto istituzionale potremmo dirle delle vere città. In un caso, quello di Massa Marittima, l'antico titolo vescovile della decaduta Populonia era stato trasferito nel nuovo abitato. La Toscana accoglieva tuttavia anche un buon numero di nuovi centri 1 Rinvio, per questo problema di definizione, al mio Le città italiane dell'età di Dante, Pisa 1991, pp. 7-13. 2 Un passato romano è stato ora dimostrato anche per Siena, grazie a una serie di campagne di scavo condotte, a partire dal 1991, dal
In anni non troppo lontani ho avuto l'occasione, insieme al mio giovane collaboratore Paolo Nanni... more In anni non troppo lontani ho avuto l'occasione, insieme al mio giovane collaboratore Paolo Nanni, di lavorare da vicino con Ugo Tucci, divenuto nel 1995 membro del Comitato Scientifico della nostra «Rivista di storia dell'agricoltura» dell'Accademia dei Georgofili. Una collaborazione che si intensificò prima nella realizzazione della Storia dell'agricoltura italiana voluta dall'Accademia dei Georgofili (edita nel 2002), e subito dopo in un volume del Centro Italiano di Studi di Storia e d'Arte di Pistoia, intitolato alla Trasmissione dei saperi nel Medioevo (secoli XII-XV), dove Ugo Tucci intervenne con un saggio particolarmente vicino alle sue conoscenze (La trasmissione del mestiere di marinaio a Venezia nel Medioevo, Pistoia 2005).
L'esistenza di uno studio approfondito su Certaldo nella prima metà del Trecento 1 , una rilettur... more L'esistenza di uno studio approfondito su Certaldo nella prima metà del Trecento 1 , una rilettura, sotto un particolare punto di vista, della novella di frate Cipolla là ambientata (Decameron, vi, 10), la comparsa di numerosi studi locali e l'edizione di molte carte statutarie dei centri minori della Toscana 2 consentono di affrontare, partendo da quel castello della Valdelsa, patria della famiglia del Boccaccio, un tema non secondario di storia delle strutture sociali della regione e del rapporto tra le città e i territori dipendenti, vale a dire il problema della esistenza di una strato borghese intermedio tra i lavoratori della terra e i proprietari cittadini, o se si preferisce di uno strato che pur non presentando tutti i caratteri dei ceti urbani, per qualcuno almeno ad essi si avvicinava. Gli studi e le fonti di cui dicevo vengono sempre meglio chiarendo che il binomio città-campagna, pur innegabile sia per quel che riguarda il crescente controllo della proprietà fondiaria da parte dei cittadini, sia per quel che riguarda l'esistenza di differenziate strutture sociali e di differenziate attività economiche nelle città rispetto ai loro territori, deve essere meglio articolato attraverso la presa d'atto che in molti centri di quei territori non vivevano soltanto contadini dipendenti o piccoli proprietari coltivatori, ma anche gruppi, più o meno 1 O. Muzzi, Un castello del contado fiorentino nella prima metà del Trecento: Certaldo in Valdelsa,
Il 14 aprile del 1995 è morto Ildebrando Imberciadori, più che novantenne. Era nato infatti a Cas... more Il 14 aprile del 1995 è morto Ildebrando Imberciadori, più che novantenne. Era nato infatti a Castel del Piano nel 1902. Laureato sia in Lettere che in Giurisprudenza, rispettivamente all'Università di Pisa e all'Università di Siena, aveva poi insegnato nei licei di Grosseto, Siena e Pisa, era diventato successivamente preside nell'Istituto magistrale di Grosseto e nei Licei classici di Siena, Pisa e Firenze. Di questi suoi lunghi anni di scuola, affrontati con passione, gusto per l'insegnamento e affetto per i giovani, egli mi raccontava con gioia, anche in anni recenti, le peripezie, le difficoltà economiche dei docenti, le soddisfazioni. Conseguita la Libera docenza, insegnò poi nelle Università di Cagliari e di Perugia, e divenne successivamente Professore ordinario di Storia economica nell'Università di Parma. Con lui si identifica, sin dalla nascita, nel 1960, la «Rivista di storia dell'agricoltura», che egli volle, con convinzione e tenacia, anche contro l'opinione di qualche illustre studioso del tempo, e che curò, amorevolmente (un'espressione che gli sarebbe piaciuta), sino, si può dire, agli ultimissimi anni di vita, quando, colpito da cecità e sordità, continuò tuttavia a seguirne le vicende con la partecipazione che si dedica ad una propria creatura. La nascita della rivista venne proprio -e fu felice intuito del suo creatore -in anni in cui ancora la storia agraria, largamente intesa, non poteva contare, in Italia, né su cultori numerosi, né su un riconosciuto statuto accademico o almeno su un identificabile terreno di ricerca. Questo non esclude, naturalmente, che ci fosse stato, già nel secolo precedente ed anche nei primi decenni del XX secolo, qualche pioniere: si pensi ad un Carlo Bertagnolli e ad un Luigi Messedaglia, senza dire degli storici del diritto, che avevano anche trattato di aspetti particolari del mondo rurale, quali la servitù della gleba e la sua estinzione, o la produzione statutaria relativa agli abitati della campagna, o di quelle sintesi generali su interi territori, come un noto volume di Albano Sorbelli sull'Appennino emilianoromagnolo, o di quegli studi relativi a circoscritti territori rurali, come i molti volumi che Andrea Menchetti dedicò ad un comune rurale delle Marche, che per molti aspetti e a buon diritto, le prime come i secondi,
Storici più e meno illustri, da Gaetano Salvemini ad Arsenio Frugoni, da Armando Sapori a Federig... more Storici più e meno illustri, da Gaetano Salvemini ad Arsenio Frugoni, da Armando Sapori a Federigo Melis, non escluso, fra i trascurabili, anche il sottoscritto (1), hanno preso in esame, in brevi lavori sintetici, spesso originati, come nel caso odierno, da conferenze, o da relazioni a convegni, il periodo della storia fiorentina corrispondente, grosso modo, alla vita di Dante -e Dante e il rapporto di Dante con la sua città è del resto all'origine di molti di tali interventi -, e in quelle loro conferenze o relazioni essi hanno messo in rilievo, di volta in volta, o tutti insieme, la crescita demografica della città, la sua espansione economica, il fervore civile, lo straordinario rinnovamento edilizio, il montare del lusso e dei consumi collettivi, il tono ottimistico degli animi a dispetto dei conflitti politici interni ed esterni o delle difficoltà economiche. Con la convinzione, da parte di tutti, manifesta o sottintesa, che quella sia stata un'età stupenda nella storia della città, e da parte di qualcuno, con il quale chi vi parla concorda, che quello sia stato anzi il periodo d'oro, un momento culminante ed irripetuto della grandezza fiorentina nel Medioevo; una grandezza che già un po' prima della grande peste del 1348 cominciò a declinare e che mai, né in relazione al mondo esterno, né probabilmente in assoluto riuscì successivamente ad essere rinnovata.
Insediamenti, edifici, attività umane nell'alta valle del Senio prima dell'esodo montano Undicimi... more Insediamenti, edifici, attività umane nell'alta valle del Senio prima dell'esodo montano Undicimila ettari di estensione, tutti appartenenti al comune di Palazzuolo, un'altitudine compresa tra i 300 metri della frazione di Misileo e i 1187 del monte Carzolano: questo il territorio. Un gruppo di bellissime fotografìe scattate soprattutto nei primissimi anni settanta, quando l'abbandono era ormai quasi generalizzato, ma gli edifici conservavano ancora il loro aspetto, e la conoscenza del territorio, dei suoi abitanti, delle tecniche di lavoro, oltre che l'amore profondo per la propria terra e le proprie memorie sono all'origine di questo volume di Antonio Poli e Iacopo Menghetti sull'alta valle del Senio (Insediamenti rurali nell'alta valle del Senio. Appunti ed immagi RC, Bologna 1994). Che si inserisce fra altre pubblicazioni del Poli, competente e appassionato ideatore, responsabile, custode, a Palazzuolo, del museo della montagna, e fra tante, tantissime altre pubblicazioni o raccolte di immagini dedicate da studiosi, ricercatori, semplici appassionati al recente passato di comunità, valli, mestieri scomparsi. Ma vi si inserisce con la nota inconfondibile di chi quella realtà ha vissuto, di chi ha la competenza per descrivere il funzionamento di un mulino o l'organizzazione di un paretaio di caccia, o la fattura e l'aspetto di una mulattiera. Senza i fronzoli della cultura libresca, o l'inutile rimpianto di chi di quella società tramontata non ha conosciuto gli stenti e le durezze, ma tuttavia con il corredo di conoscenze che viene anche dai libri, e con l'amore che ci lega alle nostre memorie e ai nostri luoghi, e tanto più se quei luoghi sono circoscritti, quegli edifìci, quei paesaggi, quelle strade e viottole inconfondibili, come avviene di regola nelle nostre montagne.
L'agricoltura e il mondo rurale siciliano tra il 1337 e il 1361 in un volume di Salvatore Tramont... more L'agricoltura e il mondo rurale siciliano tra il 1337 e il 1361 in un volume di Salvatore Tramontana Scarse sono ancora, se si prescinde da certi aspetti più strettamente giuridici, le notizie sull'agricoltura e il mondo rurale siciliano nel Medio Evo, causa un'obbiettiva penuria di documenti {1), ma anche una certa riluttanza degli studiosi a spingere la ricerca in questo campo (2), non diversamente del resto da quanto è accaduto anche nelle altre regioni italiane fino agli ultimissimi anni. Il bel volume (3) che il Tramontana ha dedicato al cronista siciliano Michele da Piazza, della cui Ristorici sta preparando l'edizione critica dopo quella molto scorretta di Rosario Gregorio alla fine del Settecento, rappresenta perciò per la storia agraria dell'isola un contributo dì primo piano e... non prevedibile, se ci si ferma al titolo dell'opera.
Giovanni Cherubini l ' approvvigionamento alimentare delle città toscane tra il xii e il xv secol... more Giovanni Cherubini l ' approvvigionamento alimentare delle città toscane tra il xii e il xv secolo Collocata nella parte centrale della penisola italiana, la Toscana appare geograficamente ben individuata a occidente dal mar Tirreno, a nord e a oriente dalla catena appenninica, mentre a sud il confine appare incerto e non facilmente fissabile in una linea precisa. Del resto, proprio da questo lato l'antica Etruria, che a buon diritto può essere considerata l'antenata della Toscana, si spingeva più a sud, sino al Tevere e non lontano da Roma.
del 1346-47 nell'inventario dei beni di un monastero del contado aretino La badia di San Vertano ... more del 1346-47 nell'inventario dei beni di un monastero del contado aretino La badia di San Vertano era un piccolo (1) monastero camaldolese situato -a quasi ottocento metri di altezza -sul versante orientale dei monti che dividono Arezzo dalla Valtiberina. Salendo su pendii brulli battuti dal vento è ancora possibile ammirare le tre absidi romaniche della chiesa e i resti di una torre cilindrica divisa da lesene, di presumibile derivazione ravennate. Il prato verde che circonda la chiesa si affaccia sull'ampia vallata del Tevere (2). L'8 giugno 1347 frate Simone, priore del vicino monastero camaldolese di Pianettole, delegato dal priore generale dell'ordine, insediò a San Veriano un nuovo abate, Giovanni da Bibbiena, in sostituzione del monaco Giunta, che era stato revocato dal priore d'accordo col suo capitolo (3). Esamineremo qui l'inventario dei beni dell'abbazia, che Giunta stese al momento di lasciare la carica (4). Le absidi romaniche dell'abbazia di San Vertano. Per gentile concessione della Casa Editrice G. C. Sansoni ». Di questa primitia, collegata forse sempre a fitti perpetui, almeno prima del 1346-47 si parla altre quattro volte: Viriano da San Vertano deve dare uno staio di grano « prò primitia consueta »; lo stesso, Bandino da Camenata; tre staia e mezzo, « prò affictu et primitia », Donato dal Castelluccio; una certa quantità di denaro, « prò primitiis », Ghelfo dal Castelluccio. Dall'elenco dei fittuari e dei contadini dell'abbazia non si possono però ricavare dati sicuri sui redditi del monastero, perché la lista -ritorneremo più avanti sull'argomento -non è completa e non riproduce perfettamente la situazione antecedente all'annata 1346-47. In ogni caso da questa risulta che nel giugno del '47 l'ex abate Giunta prevedeva dai fittuari e dai contadini elencati un reddito di almeno 138 staia di grano. Un lungo elenco di creditori dà poi un'idea abbastanza precisa di quali fossero i fornitori dell'abate e come questi si distribuissero nonostante la modestia del monastero, su un territorio abbastanza vasto. A Siena avevano fornito prodotti della loro bottega uno speziale, uno scaggiolarius, un orefice. Ad Arezzo Giunta aveva comprato del panno da Manno di Chiaro e « guarnelli » per sé e per la sua familia da Francesco di Ghinerbo; a Borgo San Sepolcro, sempre del panno, da Giglio di Benci. Carne avevano fornito al monastero macellai di Arezzo e di Anghiari. Ad Arezzo l'abbazia aveva fatto acquisti anche presso uno speziale e, forse, presso un pellicciaio e un « bicchieraio », in quest'ultimo caso per comprare un paiolo. Da Giovanni di Berardo, speziale in Anghiari, l'abate aveva acquistato una vanga con altri « ferri »; nel paesetto di Ranco del vino da un tavernaio.
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