Papers by Fabrizio Rosticci - FR,1950 -
Però troppo fidevole Nei tenerelli vanni, Giacque, e dové per anni Ristarsi a meditar. Fu allor c... more Però troppo fidevole Nei tenerelli vanni, Giacque, e dové per anni Ristarsi a meditar. Fu allor che, sotto Agricola, Risorse a dominar. Tentò por freno al torpido Sofisma oscuratore, Ma le mancava il fulgido Raggio del gran Motore Che, speme e guida agli uomini, Nel ver gl'incamminò. A lei fu sforzo inutile; nel tempo confidò. Scese in agone il chimico, Il dubbio dileguò!
Imperiale e Reale] ibid. [ibidem: op. citata in nota precedente] id. [idem: autore citato in nota... more Imperiale e Reale] ibid. [ibidem: op. citata in nota precedente] id. [idem: autore citato in nota precedente] ID. [identificazione] ill. [illustrazione/i] inf. [infra: nel seguito del testo] ins. [inserto/i] inv. [inventario] ivi [testo citato nell'ultima nota] Min. Int. [Ministero dell'Interno] Ms.
Alcuni anni fa, quando ancora era possibile frequentare il Margone, servito da bar-ristorante-piz... more Alcuni anni fa, quando ancora era possibile frequentare il Margone, servito da bar-ristorante-pizzeria con attività di pesca sportiva, ricordo di esser rimasto colpito dal fatto che i turisti, già allora numerosi, una volta giunti al laghetto per chiedere informazioni su come raggiungere la vetta del Poggio alla Croce, venivano sistematicamente -e forse a ragione -sconsigliati ad avventurarsi in tale 'impresa'. Fu questo che mi indusse a parlarne con l'allora sindaco e a mettere insieme l'articoletto che qui riproponiamo (F.R.).
Fascicoli dei Caduti civili per cause belliche territorio Comune di Montecatini Val di Cecina - 1944, 2021
Un Consiglio comunale particolare... omaggio al 25 Aprile, 2023
Rassegna Volterrana, Rivista d'Arte e Cultura - Accademia dei Sepolti, Volterra, 2019
Quando nel 1873 il conte Demetrio Boutourline, 1 in qualità di tutore del figlio Augusto erede de... more Quando nel 1873 il conte Demetrio Boutourline, 1 in qualità di tutore del figlio Augusto erede dei beni di Francis Joseph Sloane, 2 entrò in possesso delle quote di maggioranza della Società Fratelli Hall e Soci, due nuovi personaggi si affacciarono, seppur per poco tempo, sullo scenario dell'imprenditoria mineraria di Caporciano. 3 I fratelli Mario e Giacomo Pimpinelli. Il primo fu scelto dal Boutourline per svolgere la funzione di Ispettore generale della miniera, istituita dopo il pensionamento dell'ingegner Augusto Schneider. 4 Incarico che ebbe breve durata perché la morte lo colse a Montecatini il 7 marzo 1875. Di lui rimane il necrologio redatto dal dottor Giuseppe Tassi: 5 Domenica, 7 corrente, Montecatini era colpito da forte sciagura: l'ispettore Generale della Miniera, Mario Pimpinelli, cessava di vivere per apoplessia, nella verde età di 52 anni. Il di lui nome non fu oscuro, come alcuni vorrebbero, e chi militò per l'indipendenza italiana, non troverà nuovo quest'uomo, ma di sovente, quando tempi burrascosi preludiavano l'unità della Patria, l'avrà trovato al fianco dell'intemerato patriotta, Giuseppe Dolfi, e visto agire con quella operosità tanto efficace e disinteressata che distinguevalo. Né poteva essere a meno, poiché fino dal 48, allor giovanissimo, era corso nei campi lombardi ed aveva abbracciato da forte quella seconda religione che sublima l'uomo, l'amore della patria. E per questa Mario tutto soffrì, carcere, esilio, persecuzioni, disagi, fame, sacrifizi economici grandissimi: ma nulla scemò in lui l'affetto per quella, né mai desisté dal cooperare per lei, finché non sorsero i giorni che la resero libera. Ma se amò la patria, amò in pari tempo il lavoro, e quanto a quello del braccio non era astretto dal bisogno, all'arte meccanica a lui tanto cara tutto si dava: ed in questa distinguevasi, come ne è prova l'essere stato scelto e mantenuto allo Stabilimento Ansaldo di S. Pier d'Arena per cinque mesi dalla Società della ferrovia senese, per farlo poi capo delle proprie officine, ed essere stato, tuttora apprendista, incaricato di montare lo stabilimento d'Alessandria della Paglia, ove ne riportò lode e fama. Molti altri opifici e per sé e per altri diresse, né possiam tacere quello della cementazione dell'acciaio per la fabbricazione delle lime, cosa non comune allora in Italia; finché nel 1873 fu scelto dal Conte Boutourlinn a capo di questa Miniera. Ma se le lotte politiche ringiovanivano il di lui animo, le basse e meschine guerre di pochi che qui trovò, nonché le più vili calunnie gettategli, lo affievolirono, lo resero cupo e pensoso e di malferma salute. Volle lottare e lottò da leone ferito, e nobilmente vinse, e dagli ingiusti addebiti sorse più grande, avendo da fedele impiegato ed amico sincero ricondotta, insieme al fratello Giacomo, alla primitiva grandezza questa miniera, che poco era mancato dovesse chiudersi per speculativi intrighi, privandosi così di lavoro tanti operai che ne ricavavano il pane. Ma appena l'amplesso riconoscente dell'affettuoso proprietario lo compensava delle altrui inimicizie, le morte lo rapiva, ed oh! caso ben crudo, quando il carissimo Conte Boutourlinn ne era lontanissimo né poteva dargli l'ultimo bacio, né chiudergli quei tanto per lui vigili occhi. Oh quanto dolore sarà per lui, allorché saprà che il suo Mario non è più! Il paese unanime rese testimonianza di affetto e di lutto all'uomo che in poco tempo era divenuto l'amico di tutti. Fu chiuso il teatro, si improvvisò una banda per il funebre trasporto, a cui intervenne tutto il Municipio, la miniera fu chiusa, ed anche la Società Francese per la laveria fermò le macchine e tutto il personale della direzione assisté alla mesta cerimonia. Mario Pimpinelli nacque a Radicondoli, da poveri ed onesti genitori: di natura severo, nascondeva un cuore generoso, che unito a quello generosissimo del Boutourlinn, la classe operaia ne ha risentito benefici effetti. È morto povero: solenne testimonianza di galantomismo, per chi maneggiò sempre la roba d'altri. Lascia un'inconsolabile donna e due bambini che non si trovarono sul suo letto di morte. Sulla sua tomba un amico disse sincere parole. Possa ora l'inconsolabile Conte trovare chi in parte rassomigli il perduto Mario e rimpiazzare il posto rimasto vacante! Il dolore ci renderà ingiusti: ma dubitiamo di poterne trovare uno uguale.
Iniziò a giocare nella squadra del paese che in quegli anni non partecipava ad alcun campionato m... more Iniziò a giocare nella squadra del paese che in quegli anni non partecipava ad alcun campionato ma si esibiva solo a livello amatoriale. Sembrerà strano ma, forse perché allora era un po' mingherlino, Roberto non trovava posto in squadra: come portiere titolare, gli veniva preferito un suo coetaneo che con la porta non ha poi avuto grande dimestichezza. Ricordo che di tanto in tanto, per fargli assaporare un po' la gioia di giocare, veniva schierato all'ala sinistra. E, ricordo bene, non se la cavava affatto male. Nel 1966 si trasferì a Pisa con la famiglia, dove abita tuttora. Qui ben presto fu notato durante una partitella in un campetto periferico e in men che non si dica fu chiamato a far parte delle giovanili del Pisa: questa volta… come portiere. La trafila fu breve per diventar titolare della formazione Primavera (vedi foto a sx).
alla disorganizzazione totale della vita cittadina: i fascisti erano in fuga, gli uffici deserti,... more alla disorganizzazione totale della vita cittadina: i fascisti erano in fuga, gli uffici deserti, i carabinieri e le stesse guardie municipali si erano eclissati, la Questura non funzionava, la città, rimasta quasi priva di viveri, era in preda al saccheggio. In queste tragiche circostanze Pierotti cercò per interposta persona di avere contatti col CLN che, pur rifiutando di collaborare, richiese al prefetto alcuni provvedimenti (tra cui l'ordine di scarcerazione dei detenuti politici) cui egli ottemperò prima di darsi alla fuga-il 1° luglio 1944-, ricercato dai tedeschi e dai compagni di fede che gli imputavano i suoi ultimi atti come un tradimento. Pare infatti che, con vari espedienti dilatori, avesse potuto evitare di consegnare ai tedeschi la lista di ostaggi che gli avevano richiesto. Fuggito Pierotti, il Governo repubblicano inviò a Pisa quale capo della provincia Enzo Leoni, pisano, ex giornalista ed ex direttore del cosiddetto Istituto di mistica fascista, il quale però, privo di ogni autorità e di ogni mezzo di governo (anche la Guardia repubblicana si era praticamente disciolta), si trattenne solo per breve tempo a Pisa, e il 19 luglio fuggì con gli altri fascisti in Alta Italia, portando con sé una consistente somma di denaro sottratto alle casse degli Enti pubblici. Da tale data fino al 2 settembre, giorno della liberazione di Pisa, funse da commissario prefettizio Mario Gattai, nominato dall'unica autorità rimasta in città, l'arcivescovo Gabriele Vettori; dal 7 settembre si insediò quindi Vincenzo Peruzzo, il "prefetto della Liberazione", che rimarrà in carica fino al 10 ottobre 1946.
Era prevedibile… pressoché certo. Sicuramente avremmo potuto accertarcene prima, ma le condizioni... more Era prevedibile… pressoché certo. Sicuramente avremmo potuto accertarcene prima, ma le condizioni non idonee alla consultazione del nostro Archivio storico comunale, da sempre abbandonato a sé stesso, non avevano consentito di ricercarne la documentazione. Cosa poi resa possibile dal diligente lavoro di riordino portato avanti dalla dottoressa Silvia Trovato. Mancando fisicamente il registro delle Delibere di Consiglio del 1924, ne sono state rinvenute alcune all'interno del Carteggio dell'anno 1930. Tra queste anche quella relativa al conferimento della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Notizia che lascerà i più nella totale indifferenza e che per alcuni sarà forse motivo di orgoglio, ma ora sappiamo che da 98 anni il «duce» del fascismo è cittadino onorario del nostro Comune. Forse l'unico titolare di tanta onorificenza in un contesto tradizionalmente non incline a grandi manifestazioni di entusiasmo e poco propenso, quindi, a simili iniziative.
Dopo il Biennio rosso che si era caratterizzato per scioperi, occupazioni delle fabbriche ed anch... more Dopo il Biennio rosso che si era caratterizzato per scioperi, occupazioni delle fabbriche ed anche aggressioni, i due anni successivi, 1921-1922, furono contrassegnati dallo spadroneggiare dello squadrismo fascista. Squadre pisane guidate da Bruno Santini e squadre fiorentine chiamate in soccorso del Fascio X di Larderello con a capo Giuseppe Fanciulli, imperversarono nella nostra provincia causando gravi fatti di sangue oltre a devastazioni di circoli politici, camere del lavoro e cooperative sociali. Ciò poté accadere nonostante l'opera del prefetto Alfredo De Martino tesa a fermare quella violenza, anche con l'arresto di alcuni fascisti. Ormai il fascismo, che poteva godere della connivenza sempre più diffusa nei vari ambiti politici e militari ed in certi presidii dello Stato, aveva pressoché campo libero. Di ciò dà atto anche Renzo CASTELLI nel suo Fascisti a Pisa (Pisa, Edizioni Ets, 2006): Il 2 giugno 1921 il prefetto ricevette il segretario politico regionale del Fascio, Dino Perrone Compagni, il quale lo minacciò di trasferimento se avesse continuato con la sua azione di contrasto all'azione fascista. Per tutta risposta, De Martino fece trasferire il sottoprefetto di Volterra considerandolo troppo condiscendente nei confronti dei fascisti. Due mesi dopo il prefetto di Pisa veniva però a sua volta trasferito, sostituito con il filofascista Renato Malinverno.
E pensare che un anno prima, nello stesso giorno, Maria Bergamas era stata chiamata a scegliere t... more E pensare che un anno prima, nello stesso giorno, Maria Bergamas era stata chiamata a scegliere tra undici bare quella del Milite Ignoto. Una scelta, passata alla storia come "Rito di Aquileia", che dette inizio al viaggio verso Roma-cinque giorni e 800 chilometri in treno percorsi in più tappeper la sua traslazione al Vittoriano, dove venerdì 4 novembre 1921 fu solennemente tumulata nell'Altare della Patria. L'anonimato di quella salma riuscì a trasformare la disperazione del singolo in lutto collettivo e da subito il Milite Ignoto assurse a simbolo dell'identità nazionale, a luogo della Memoria di un popolo, fatto di gente comune, unito nel desiderio di dimenticare la Grande Guerra e le sue tragedie. Una memoria tuttavia assai labile, che vide la sospirata identità nazionale ispiratrice di un nuovo "viaggio". Quella Marcia su Roma cui dette un fondamentale contributo lo squadrismo toscano.
La famiglia Schneider a Montecatini Val di Cecina. Dall'arte mineraria al pensiero socialista, 2020
Nella storia di Montecatini Val di Cecina risiede una parte importante della storia industriale t... more Nella storia di Montecatini Val di Cecina risiede una parte importante della storia industriale toscana. Le famiglie di cui si fa parola in questo libro, la Schneider innanzitutto e anche le altre con cui interloquirono, Kleiber, Sloane, Le Blanc, raccontano, attraverso le loro vicissitudini una vicenda pionieristica che affonda negli anni della ricerca di strumenti che conducessero il Granducato fuori dalla mera dimensione agricola e mezzadrile.
FABIO BERTINI
… ed il suo territorio 2 BRUNO NICCOLINI e FABRIZIO ROSTICCI Fabrizio Rosticci mi ha fatto recent... more … ed il suo territorio 2 BRUNO NICCOLINI e FABRIZIO ROSTICCI Fabrizio Rosticci mi ha fatto recentemente dono in anteprima di un suo straordinario lavoro: Montecatini Val di Cecina. Piccole cose di casa nostra, una miniera di storia e cultura. Dopo averlo letto, la pubblicazione a cui stavo lavorando mi apparve talmente modesta che decisi di portarla a compimento solo perché l'amico mi promise espressamente di farsi carico della sua seconda parte. Ricevuto il prezioso contributo credo di poter affermare che ne valeva la pena. Con il Patrocinio del Comune di Montecatini Val di Cecina Fotografie di Fabrizio ROSTICCI, Francesco SPILA Illustrazione in prima di copertina di Milo RICCIARDI Copyright © 2019, Bruno Niccolini -Fabrizio Rosticci Finito di stampare nel maggio 2019 da Padova di artista di scuola fiorentina risalente alla fine del 1600; la Madonna di Caporciano opera in pietra di scultore anonimo del sec. XVII; ed infine i due angeli ceriferi in marmo di stile augusteo posti ai lati dell'altar maggiore. Senza dimenticare che, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, potevamo vantare la presenza sull'altar maggiore del Crocifisso in bronzo del Giambologna (1529-1608), ora collocato nella chiesa di Fabbrica (il mio paese natio). Molte purtroppo sono le opere che, scomparse o andate distrutte, sono rimaste, oggi, solo nella memoria di qualche vecchio. La Madonna di San Sebastiano (o Madonna di Conco, come veniva chiamata a Montecatini) attuale Patrona della Diocesi di Volterra che, in un trittico con San Sebastiano e San Biagio, onorava la chiesetta di Conco realizzata dalla famiglia Orzalesi nel 1629. La tela, che fin dal 1400 era conservata nell'abitazione degli Orzalesi posta in Piazzola, fu portata via dalla chiesetta di Conco dai frati conventuali nel 1719 e si trova ora sull'altar maggiore della Chiesa di San Francesco a Volterra. Sono invece scomparse le due tele dei Santi Sebastiano e Biagio che le facevano corona, entrambe opera di Baldassarre Franceschini detto Il Volterrano (1611-1689). Ma la storia mi porta anche a ricordare i castelli di Gabbreto e di Agnano, la pieve romanica di Gabbreto dedicata a Sant'Eleuterio, abbattuta dall'Ente di Riforma Agraria negli anni Sessanta, la chiesetta dedicata a San Giovanni e l'ospedale di Sorbaiano tenuto dagli Ospitalieri del Tau di Altopascio, oppure il romitorio di Santa Lucia di Larniano posto nella vallata tra Buriano e Scandri che, retto dai frati agostiniani collegati ai Templari, è da secoli abbandonato ma presenta ancora ben visibili i ruderi ed i segni dell'antico cimitero. Da annotare in proposito che le pregevoli reliquie portate dai Templari dalla Palestina, un tempo conservate a Santa Lucia, sono esposte ora nel Museo Diocesano d'Arte Sacra di Volterra.
Da Pietro Leopoldo… all’attuale questione dei piccoli Comuni, 2016
A seguito delle fusioni approvate da leggi regionali nel primo semestre 2016, con la soppressione... more A seguito delle fusioni approvate da leggi regionali nel primo semestre 2016, con la soppressione di 75 Comuni, dal 1° luglio il numero dei Municipi italiani da 8.046 è sceso a 7.998. Di questi, ben 5.584 -ossia il 69,82% del totale -appartengono alla categoria dei cosiddetti "piccoli Comuni", avendo una popolazione residente inferiore a 5.000 abitanti. A detenere il record di diffusione di tale realtà è il Piemonte con ben 1.067 piccoli Comuni, seguito dalla Lombardia con 1.061. Ed ancora, secondo recenti dati Istat, le entità comunali cosiddette "piccolissime", ossia quelle con meno di 150 residenti, ammontano a circa 140. Il più piccolo per popolazione risulta essere, al 29 febbraio 2016, un Comune montano della provincia di Lecco, Monterone, che a fronte di una superficie di 13,71 Kmq annovera appena 33 abitanti. Di poco superiore è la popolazione di Moncenisio (To) dove su un territorio alpino di 4,50 Kmq risiedono 36 persone. Il più piccolo Comune italiano per estensione territoriale lo troviamo invece in Campania, dove Atrani in provincia di Salerno concentra i suoi 845 abitanti in soli 0,12 Kmq. Da questi dati risulta evidente la necessità di una razionalizzazione dell'ordinamento amministrativo del territorio nazionale, su cui fra l'altro si dibatte da anni. A prescindere da un eventuale riordino regionale e/o dalla travagliata abolizione, tutt'ora in essere, delle province, è la fusione e quindi la riduzione del numero degli enti territoriali di base ad essere oggetto di attenzione e controversie: una questione che, a mio avviso, dovrà essere affrontata tenendo comunque conto della necessaria omogeneità dei caratteri economici, storici e socio-culturali delle comunità interessate, affinché l'aggregamento possa rivelarsi produttivo e indolore. In Italia, d'altra parte, il tema dell'accorpamento dei Comuni non è affatto nuovo al dibattito politico-istituzionale. Già nel 1860, infatti, nell'ambito di una generale riforma dell'ordinamento amministrativo il ministro dell'Interno del primo governo Cavour, Carlo Luigi Farini, propose un progetto per l'unificazione dei Municipi con una popolazione inferiore ai 1.000 abitanti. La mozione, tuttavia, non ebbe seguito e la stessa commissione legislativa chiamata alla sua elaborazione ne respinse i contenuti più innovativi. Il progetto fu poi ripreso anche da Marco Minghetti, uno dei leader della Destra Storica, ma non ebbe esiti migliori. Sta di fatto che l'unico processo di razionalizzazione del numero dei Comuni giunto a compimento nel Regno d'Italia risale al ventennio fascista. Con l'emanazione del Regio Decreto legge 17 marzo 1927 n. 383, a ben sessantasette anni di distanza dal tentativo Farini, il Governo fu investito dell'incarico di avviare entro il biennio successivo -quindi con scadenza al 31 marzo 1929 -una "revisione generale delle circoscrizioni comunali per disporne l'ampliamento, la riunione o comunque la modificazione". Per attuarla, la norma prevedeva che non occorresse nemmeno osservare la procedura prescritta dalla Legge comunale e provinciale; cosa che comportò, nel complesso, l'unione, la soppressione o l'aggregazione d'imperio di 2.184 piccoli Comuni. Con l'entrata in vigore del Testo Unico della Legge comunale e provinciale di cui al Regio Decreto 3 marzo 1934 n. 383, si stabilì quindi -sempre che le condizioni topografiche lo consentissero -la facoltà di accorpare i Comuni con popolazione inferiore ai 2.000 abitanti, qualora fossero mancati i mezzi per provvedere adeguatamente ai pubblici servizi o su esplicita richiesta dei podestà. Il numero delle amministrazioni municipali che nel 1921 aveva raggiunto la cifra record di 9.195, nell'anno 1936 era stato ridimensionato a 7.339 (il numero più basso in assoluto -7.311 -lo si rileva, tuttavia, nel 1931).
Pubblicazione promossa e realizzata dal:
Fabrizio Rosticci, “L’oratorio della miniera” , 2011
Nell'aprile 1999, l'oratorio di Caporciano, da anni in stato di abbandono, fu oggetto di attenzio... more Nell'aprile 1999, l'oratorio di Caporciano, da anni in stato di abbandono, fu oggetto di attenzione da parte di alcuni malintenzionati attratti dalla presenza di un quadro di note-vole interesse, un'autentica opera d'arte fino ad allora sconosciuta o quantomeno non reputata tale neppure dagli addetti ai lavori. La Madonna di Guadalupe, un olio su tela di centimetri 240x160 del pittore messicano Juan Rodríguez Xuárez, dopo essere stato ritagliato in più parti, fu trafugato dall'oratorio. Solo la solerzia delle forze dell'ordine, che già alla fine del medesimo an-no avevano recuperato alcuni dei riquadri in cui era stata smembrata, rese possibile, con il successivo ritrovamento dei ritagli residui della tela, la sua ricomposizione egregia-mente portata a compimento da Paola Bucci di Piombino sotto la direzione della Soprin-tendenza alle Belle Arti di Pisa. Oggi è nuovamente possibile ammirare questo dipinto, della cui reale importanza, è do-veroso ammettere, siamo venuti a conoscenza solo grazie ai clamori del furto ed ai suc-cessivi sviluppi. Secondo il racconto tradizionale tramandatoci dal predicatore Miguel Sánchez, nel Mes-sico dell'anno 1531, la mattina del 9 dicembre una Signora apparve sul colle del Te-peyac a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco di umili origini da poco convertitosi al cristianesimo. Affermando di essere «la Perfetta sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio», lo incaricò di recarsi dal vescovo Juan de Zumàrraga per rife-rirgli il suo desiderio di vedere edificato in quel luogo, ai piedi del colle, un tempio a lei dedicato. Juan corse al palazzo vescovile di México, ma il suo racconto non fu preso in considerazione. Verso sera, tornando a casa, incontrò nuovamente la Signora sulla cima del colle e, rammaricandosi per non essere stato creduto, la pregò di affidare l'incarico
presso l'Autore e Editore, coi tipi Allegrini e Mazzoni, 1839, ad vocem. 2 Per una breve descrizi... more presso l'Autore e Editore, coi tipi Allegrini e Mazzoni, 1839, ad vocem. 2 Per una breve descrizione sul «paese del rame» rimando a Maria Luisa CeCCaRelli lemut, Gianna BeRtini, Fabrizio RostiCCi, Montecatini Val di Cecina, Pisa, Edizioni ETS, 2010. 3 Giovanni taRgioni tozzetti, Relazioni d'alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana pper osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa, in Firenze, nella Stamperia Granducale, per
Nuova toponomastica PIAZZA GUIDO RICOTTI e VIA EZIO CECCARELLI FABRIZIO ROSTICCI Montecatini V.C.... more Nuova toponomastica PIAZZA GUIDO RICOTTI e VIA EZIO CECCARELLI FABRIZIO ROSTICCI Montecatini V.C., 28 settembre 2019 7 1941 24 maggio Risulta "disperso" nell'affondamento del Conte Rosso. Pochi ricordano il transatlantico italiano Conte Rosso. Come pure pochi sanno che, accanto a quello più noto dell'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale, c'è un altro 24 maggio ormai dimenticato se non sconosciuto del tutto. È quello dell'affondamento della nave Conte Rosso al largo di Siracusa, dove morirono 1297 militari italiani. Erano le 20,40 del 24 maggio 1941. Settantacinque anni fa. Entrato in servizio nel 1922, il Conte Rosso era uno dei transatlantici più utilizzati sulle rotte Italia-Sud America e Genova-Napoli-New York, durante i viaggi di sola andata per tante migliaia di connazionali emigranti in cerca di una nuova vita e di un lavoro. Sotto le insegne del Lloyd Triestino venne poi impiegato anche sulla rotta Trieste-Shanghai. Ma il Conte Rosso, nave passeggeri di 18.000 tonnellate, venne utilizzata anche come piroscafo per trasporto truppe durante la guerra d'Etiopia nel 1935 e soprattutto nel secondo conflitto mondiale sulla rotta verso l'Africa Settentrionale. Il suo ultimo viaggio iniziò alle 4.40 del 24 maggio 1941 da Napoli direzione Tripoli. Faceva parte di un convoglio navale con altre tre grandi navi passeggeri: Marco Polo, Esperia e la motonave Victoria. La scorta della Marina Militare era fornita dalle torpediniere Procione, Pegaso e Orsa, e dal cacciatorpediniere Freccia. In mare il convoglio era atteso anche da una scorta indiretta costituita dagli incrociatori pesanti Trieste e Bolzano e dai cacciatorpediniere Ascari, Corazziere e Lanciere. A bordo del Conte Rosso c'erano 280 uomini d'equipaggio e 2449 fra ufficiali, sottufficiali e soldati dell'Esercito, per un totale di 2729 uomini. Alle 20.40, a circa 10 miglia da Capo Murro di Porco, al largo di Siracusa, la nave fu presa in pieno da due siluri (sembra gli ultimi a disposizione) del sommergibile inglese HMS Upholder (P37). Non ci fu scampo per il transatlantico italiano che affondò di prua nel giro di una decina di minuti.
Ricordare è sempre un dovere, e soprattutto lo è quando il ricordo riguarda persone che hanno dat... more Ricordare è sempre un dovere, e soprattutto lo è quando il ricordo riguarda persone che hanno dato la vita per gli altri, per un ideale, per la Libertà e la Pace.
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Papers by Fabrizio Rosticci - FR,1950 -
FABIO BERTINI
FABIO BERTINI