Matteo Colaone
Matteo Colaone è nato nel 1979 a Castellanza (VA). È uno studioso indipendente del territorio dell’Insubria, dove è da tempo impegnato nella tutela e conoscenza del patrimonio storico, ecologico e identitario.
Dal 2001 ha licenziato oltre una trentina di saggi sulla rivista varesina Terra Insubre, occupandosi in particolare di corografia, paesaggio ed ecologia.
È stato coautore di L’araldica della Regione Lombardia (Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia, 2006) e de Il bosco della Moronera (Domà
Nunch, 2009). Per il paese in cui è vissuto per più di trent’anni, ha realizzato la raccolta Carbonate in cartolina (2012-14) e Archivio dei nomi di luogo del
territorio di Carbonate (2015).
Nella sua produzione editoriale si trovano monografie dedicate a peculiari temi territoriali, spesso accompagnate da un caratteristico contributo iconografico: Il Seprio: i luoghi, la storia e il mistero di una regione nascosta (Menaresta, 2011), Paesi scomparsi d’Insubria. Wüstungen medievali tra Milano, Adda e Ticino (Ritter, 2017).
Address: Appiano Gentile, Lombardia, Italy
Dal 2001 ha licenziato oltre una trentina di saggi sulla rivista varesina Terra Insubre, occupandosi in particolare di corografia, paesaggio ed ecologia.
È stato coautore di L’araldica della Regione Lombardia (Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia, 2006) e de Il bosco della Moronera (Domà
Nunch, 2009). Per il paese in cui è vissuto per più di trent’anni, ha realizzato la raccolta Carbonate in cartolina (2012-14) e Archivio dei nomi di luogo del
territorio di Carbonate (2015).
Nella sua produzione editoriale si trovano monografie dedicate a peculiari temi territoriali, spesso accompagnate da un caratteristico contributo iconografico: Il Seprio: i luoghi, la storia e il mistero di una regione nascosta (Menaresta, 2011), Paesi scomparsi d’Insubria. Wüstungen medievali tra Milano, Adda e Ticino (Ritter, 2017).
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Libri e recensioni by Matteo Colaone
Il luogo di lavoro di Gilberto era il paesaggio: inteso come realtà fisica, materiale, viva, mai creazione astratta. La sua opera ecologica è il tentativo di annullare il distacco innaturale tra una comunità umana e il territorio che abita, mettendo a tacere le storte teorie moderniste e iconoclaste propagandate dai “professionisti” dell’amministrazione
pubblica e dell’architettura ideologizzata.
Questo volume dimostra come Oneto avesse da tempo elaborato tecniche per interpretare le inclinazioni di un territorio e incrociarle con le necessità oggettive di chi lo abita. Da questo esercizio nascono i nuovi strumenti culturali e politici tramite i quali è possibile recuperare e ripianificare i luoghi che viviamo.
Ne sgorga una visione che sfida il biancore accecante dei condomini, i cubi senza tetto, le città di cemento e asfalto e ci offre, invece, “case che sembrano case”, pietre, alberi e piazze con bambini che cavalcano draghi e unicorni.
Nella documentazione in appendice, si ricostruisce il percorso della “Consulta per il territorio”, itinerario da cui traspare il limpido e rarissimo profilo di un uomo che nulla voleva in cambio se non il progredire di proposte semplici, di buon senso e tutt’oggi ancora urgenti.
All’estero la ricerca degli insediamenti abbandonati è ben attestata, ma non altrettanto in Italia. Con questo volume l’autore trasporta e riaffronta il tema della ricerca delle Wüstung in un territorio oggi iperurbanizzato e sempre più difficile da “leggere”.
All’intento di ricercare l’originale collocazione topografica di questi paesi, si unisce l’analisi di ciò che ne ha causato la scomparsa. Si intuiscono così le ragioni che hanno determinato la perdita di taluni antichi abitati d’Insubria (non sempre a seguito di eventi bellici o fenomeni naturali), andando a sollevare il velo di più sottili dinamiche; e si comprende come le nostre campagne custodiscano ancora siti per i quali sarebbe l’auspicabile un intervento archeologico, la conservazione e la fruizione in quanto imprescindibile testimonianza del nostro passato.
L’opera si completa con un approfondimento circa la figura e di Carlo Massimo Rota (1878 - 1941), troppo presto dimenticato precursore di questo tipo di indagini in terra milanese e lombarda.
* * *
Collana “Architectura”, Edizioni Ritter, Milano, 2017. 230 pagine, 19 tavole a colori, 4 tavole B/N; con due appendici sulla vita e le opere di Carlo Massimo Rota. Prefazione di Gianluca Padovan.
"PAESI SCOMPARSI D’INSUBRIA. Wüstungen medievali tra Milano, Adda e Ticino". Collana “Architectura”, Edizioni Ritter, Milano, 2017.
230 pagine con 19 tavole a colori, 4 tavole B/N; con due appendici sulla vita e le opere di Carlo Massimo Rota. Prefazione di Gianluca Padovan.
Un'opera resasi necessaria per la salvaguardia del patrimonio immateriale di una Comunità. Il volume è in distribuzione presso il Comune di Carbonate.
Questo contributo vuole svelare il mistero Seprio tramite un’analisi agile, moderna e completa che include storia, ambiente, immagini e simboli di una regione fino ad ora poco inquadrata, a cavallo fra Milano e la Svizzera. Una terra fra monti e pianura, bagnata dall’Olona, dal Ticino e dai suoi laghi, che ha perso il suo riconoscimento istituzionale, ma abitata a tutt’oggi da quasi un milione di persone. Il volume illustra la vera identità del Seprio, raccontando l’evoluzione di un territorio ricco di tesori e quindi da sempre ambito e assediato. Un percorso è illustrato, perché non è solo da leggere, ma si completa di tavole fotografiche, che raccontano – superando le parole – la terra, le acque, gli uomini e i cieli sepriesi. Ma, con questa pubblicazione, si è voluto anche illustrare il Seprio, ovvero dargli lustro: i lettori più attenti potranno seguire questo filo rosso, e dimostrare come si possa ricollegarsi a questa terra e alla sua complessa eredità.
120 pag. – formato 22x22cm – oltre 80 tavole fotografiche a colori – ISBN 978-88-96751-05-3
Il lavoro tenta di colmare, almeno in parte, la mancanza di studi eco-geografici su questa zona e porta alla luce delle scoperte interessanti, introducendo al contempo parecchi quesiti, sia di carattere ambientale che di natura sociale e culturale, i quali dovrebbero risultare in una maggiore coscienza di ciò che in quel bosco vive, prima dell'inizio dei lavori di sbancamento.
L'esempio del bosco della Moronera, la cui futura scomparsa lo accomuna a decine di altri luoghi d'Insubria, deve obbligare a una riflessione più seria e meno superficiale sul prezzo che il nostro territorio e la nostra identità pagano all'altare dell'urbanizzazione totale e delle "grandi opere", che della prima sono pioniere. Da parte nostra, ecco l'impegno alla prima forma di protesta civile a questo sistema, ovvero la diffusione della conoscenza dei nostri luoghi, il cui recente degrado non deve mai essere la giustificazione per il loro annientamento, bensì lo stimolo affinchè la politica si impegni a progettarne il recupero al bello.
Saggi storici by Matteo Colaone
- Le carte a stampa
- Alla ricerca delle più antiche
- La carta di Giovanni Pisato
- La carta della Biblioteca di Parigi
- La carta di Strasburgo
- Le carte di Opicino de Canistris
- Una ricognizione su conoscenze e osservazioni circa i castelli della bassa valle dell’Arno lascia ancora molte questioni aperte, nella sostanziale mancanza di indagini ufficiali.
- Con l’analisi della sua porzione orientale e meridionale, si conclude il nostro lungo excursus alla ricerca di castelli e torri, ancora esistenti o scomparsi, dell’antico territorio gallaratese.
Il luogo di lavoro di Gilberto era il paesaggio: inteso come realtà fisica, materiale, viva, mai creazione astratta. La sua opera ecologica è il tentativo di annullare il distacco innaturale tra una comunità umana e il territorio che abita, mettendo a tacere le storte teorie moderniste e iconoclaste propagandate dai “professionisti” dell’amministrazione
pubblica e dell’architettura ideologizzata.
Questo volume dimostra come Oneto avesse da tempo elaborato tecniche per interpretare le inclinazioni di un territorio e incrociarle con le necessità oggettive di chi lo abita. Da questo esercizio nascono i nuovi strumenti culturali e politici tramite i quali è possibile recuperare e ripianificare i luoghi che viviamo.
Ne sgorga una visione che sfida il biancore accecante dei condomini, i cubi senza tetto, le città di cemento e asfalto e ci offre, invece, “case che sembrano case”, pietre, alberi e piazze con bambini che cavalcano draghi e unicorni.
Nella documentazione in appendice, si ricostruisce il percorso della “Consulta per il territorio”, itinerario da cui traspare il limpido e rarissimo profilo di un uomo che nulla voleva in cambio se non il progredire di proposte semplici, di buon senso e tutt’oggi ancora urgenti.
All’estero la ricerca degli insediamenti abbandonati è ben attestata, ma non altrettanto in Italia. Con questo volume l’autore trasporta e riaffronta il tema della ricerca delle Wüstung in un territorio oggi iperurbanizzato e sempre più difficile da “leggere”.
All’intento di ricercare l’originale collocazione topografica di questi paesi, si unisce l’analisi di ciò che ne ha causato la scomparsa. Si intuiscono così le ragioni che hanno determinato la perdita di taluni antichi abitati d’Insubria (non sempre a seguito di eventi bellici o fenomeni naturali), andando a sollevare il velo di più sottili dinamiche; e si comprende come le nostre campagne custodiscano ancora siti per i quali sarebbe l’auspicabile un intervento archeologico, la conservazione e la fruizione in quanto imprescindibile testimonianza del nostro passato.
L’opera si completa con un approfondimento circa la figura e di Carlo Massimo Rota (1878 - 1941), troppo presto dimenticato precursore di questo tipo di indagini in terra milanese e lombarda.
* * *
Collana “Architectura”, Edizioni Ritter, Milano, 2017. 230 pagine, 19 tavole a colori, 4 tavole B/N; con due appendici sulla vita e le opere di Carlo Massimo Rota. Prefazione di Gianluca Padovan.
"PAESI SCOMPARSI D’INSUBRIA. Wüstungen medievali tra Milano, Adda e Ticino". Collana “Architectura”, Edizioni Ritter, Milano, 2017.
230 pagine con 19 tavole a colori, 4 tavole B/N; con due appendici sulla vita e le opere di Carlo Massimo Rota. Prefazione di Gianluca Padovan.
Un'opera resasi necessaria per la salvaguardia del patrimonio immateriale di una Comunità. Il volume è in distribuzione presso il Comune di Carbonate.
Questo contributo vuole svelare il mistero Seprio tramite un’analisi agile, moderna e completa che include storia, ambiente, immagini e simboli di una regione fino ad ora poco inquadrata, a cavallo fra Milano e la Svizzera. Una terra fra monti e pianura, bagnata dall’Olona, dal Ticino e dai suoi laghi, che ha perso il suo riconoscimento istituzionale, ma abitata a tutt’oggi da quasi un milione di persone. Il volume illustra la vera identità del Seprio, raccontando l’evoluzione di un territorio ricco di tesori e quindi da sempre ambito e assediato. Un percorso è illustrato, perché non è solo da leggere, ma si completa di tavole fotografiche, che raccontano – superando le parole – la terra, le acque, gli uomini e i cieli sepriesi. Ma, con questa pubblicazione, si è voluto anche illustrare il Seprio, ovvero dargli lustro: i lettori più attenti potranno seguire questo filo rosso, e dimostrare come si possa ricollegarsi a questa terra e alla sua complessa eredità.
120 pag. – formato 22x22cm – oltre 80 tavole fotografiche a colori – ISBN 978-88-96751-05-3
Il lavoro tenta di colmare, almeno in parte, la mancanza di studi eco-geografici su questa zona e porta alla luce delle scoperte interessanti, introducendo al contempo parecchi quesiti, sia di carattere ambientale che di natura sociale e culturale, i quali dovrebbero risultare in una maggiore coscienza di ciò che in quel bosco vive, prima dell'inizio dei lavori di sbancamento.
L'esempio del bosco della Moronera, la cui futura scomparsa lo accomuna a decine di altri luoghi d'Insubria, deve obbligare a una riflessione più seria e meno superficiale sul prezzo che il nostro territorio e la nostra identità pagano all'altare dell'urbanizzazione totale e delle "grandi opere", che della prima sono pioniere. Da parte nostra, ecco l'impegno alla prima forma di protesta civile a questo sistema, ovvero la diffusione della conoscenza dei nostri luoghi, il cui recente degrado non deve mai essere la giustificazione per il loro annientamento, bensì lo stimolo affinchè la politica si impegni a progettarne il recupero al bello.
- Le carte a stampa
- Alla ricerca delle più antiche
- La carta di Giovanni Pisato
- La carta della Biblioteca di Parigi
- La carta di Strasburgo
- Le carte di Opicino de Canistris
- Una ricognizione su conoscenze e osservazioni circa i castelli della bassa valle dell’Arno lascia ancora molte questioni aperte, nella sostanziale mancanza di indagini ufficiali.
- Con l’analisi della sua porzione orientale e meridionale, si conclude il nostro lungo excursus alla ricerca di castelli e torri, ancora esistenti o scomparsi, dell’antico territorio gallaratese.
* * *
Oggi meno assai meno visibili di un tempo, i tre castelli dei Pusterla e dei Castiglionisorsero al limitare tra l’alta pianura e le colline, tra Venegono Superiore e Tradate. [Tradate, Venegono Inferiore, Venegono Superiore]
* * *
Completiamo l’indagine in un territorio davvero denso di fortificazioni minori, ignorate non soltanto dall’archeologia, ma anche dalla storiografia. [Lonate Ceppino, Vedano, Caronno Corbellaro, Gornate Superiore, Gornate Inferiore, Morazzone, Castronno, Caronno Ghiringhello, Vico Seprio]
-
Cairate. Il caso di Cairate dimostra l’attualità della ricerca castrense: ricostruiamo le vicende di un castello le cui vestigia erano fino a ieri solo un’ipotesi e che oggi potremmo scoprire già aperte al pubblico.
- Gorla Maggiore. Gorla Minore. In corrispondenza dei due toponimi “Gorla”, tracce di presenze difensive e castellane, di non
immediata interpretazione, confermano un puntuale presidio della Valle Olona medievale.
-
Bulgarograsso. Lurate (Castello). La riscoperta del castello di Bulgarograsso e l’oblio di quello di Lurate: due nuovi siti storici del territorio appianese che potrebbero essere studiati e propriamente valorizzati.
-
Castelnuovo. Binago. Cirimido. Lomazzo. Lurago Marinone. Prosegue la “caccia” alle architetture castrensi del Seprio orientale, che questa volta richiamano sia la guerra decennale tra Como e Milano che gli scontri duecenteschi tra Visconti e Torriani.
-
Beregazzo. Guanzate. Turate. Rovello. Carbonate. Mozzate. San Martino. Locate. Gerenzano. Fossati per proteggersi, torri da assediare e castellazzi che si rinnoveranno in ville rurali: si completa il censimento, con le ultime note sulle località collinari e i paesi dell’alta pianura.
Scopo di queste righe sarà tornare sul solco di uno studio, purtroppo mai completamente pubblicato, eseguito Carlo Massimo Rota tra il 1919 e il'20), aggiungendo nuove voci e osservazioni nostre, intendendo focalizzarci sugli indizi attinenti il territorio del Milanese storico fino al XV secolo.
Il saggio contempla 26 casi di paesi scomparsi, di cui: 3 riconoscibili in una realtà oggi esistente; 5 risultati inglobati dall'espansione di Milano; 6 sulla cui esistenza o posizione non è possibile creare ipotesi; 12 di cui è stata fatta un’ipotesi di posizione.
L’importante maniero medievale giace in rovina nell’indifferenza generale, minacciato da una vicina cava.
La lettura dei volumi di Giani potrebbe apparire un esercizio obsoleto. Ciononostante, i testi continuano a offrirsi su altri piani di lettura: messo da parte l’anacronistico “diorama” della guerra punica, l’autore è ancora capace di donare preziose informazioni di prima mano che oggi sarebbero impossibili da recuperare.
L’urbanizzazione sale verso nord, rigurgitando sé stessa addosso alla superstrada fino a diradarsi all’altezza di Briosco. La collina su cui è nato il paese è il faro da cui osservare la pianura-mare, sulla quale veleggiano immobili capannoni e condomìni, e le gru crescono al cielo. Forse fra pochi anni le onde di quella vastità non saranno più arginate dagli scogli di conglomerato del Lambro.
Ai più ciò farà pensare ai fenomeni dell’autonomismo e dell’indipendentismo, i quali – declinati alle nostre latitudini – di certo non hanno prodotto risultati sostanziali di cambiamento, perché non completamente comprensibili a livello popolare e noti, più che altro, per i loro esiti più folcloristici e banali; e questo si deve sovrapporre a uno scenario politico dove lo Stato centrale e centralizzato, espressione del pensiero unico, ha ben sfruttato l’incapacità di certi leader. Dunque, nel 2014, non possiamo che constatare come tali modelli fatichino sempre più a trovare applicazione reale, se non al di fuori di piccoli consessi autoreferenziali e delle sempre “vigorose” discussioni sulla rete.
Questa pubblicazione nasce dalla sentita necessità di fissare una definizione della visione politico-spirituale di Domà Nunch. In questo modo intendiamo ribadire la nostra peculiarità rispetto ai temi esposti, rivendicare nel modo più ufficiale la paternità delle idee espresse negli ultimi anni, idee che abbiamo visto più volte ricalcate da altri soggetti, spesso scoprendole annacquate, financo travisate o, cosa peggiore, espresse in modo tale da dare adito a fraintendimenti da parte di terzi.
Con Paolo Pirola si discute invece di nuove sfide per una tutela integrale dell’ecosistema insubre, di identità e di ambiente. Per la sua esperienza sul campo del cosidetto ambientalismo, rappresenta bene un percorso di sensibilità ecologista in Insubria, la nostra terra, che ci ci auguriamo continui ad essere aperta a nuove sperimentazioni e pronta, quando serve, ad abbattere confini mentali, intellettuali ed ideologici.