Papers by Marco Assennato
La pensée politique de Foucault, 2017
Depuis quelques annees, une certaine recuperation des idees de Manfredo Tafuri est en cours. Pour... more Depuis quelques annees, une certaine recuperation des idees de Manfredo Tafuri est en cours. Pourtant cette diffusion d'idees n'est pas exempte d’incomprehensions et de malentendus. L'œuvre de Tafuri est marque par une approche theorique forte: dans ses ecrits travaillent les questions le plus aigues d'un chapitre oublie et pourtant fondamental de la philosophie italienne recente. La recherche porte principalement le schema de ce questionnement philosophique et sur son impact sur le debat architectural. Il s'agit de sonder une serie de nœuds theoriques apparemment distincts ou plus larges que les problematiques architecturales telles qu’elles sont habituellement posees: la modernite, la technique, les langages, la liberte et les conditionnements de l'action subjective. A travers la pluralite des themes affrontes, ce qui s’est degage, est que le travail de cet historien, dans son ensemble, a ete principalement traverse par le probleme theorique du projet. Chez...
Spinoza in Marx : appunti di lettura, 2005
La dirompente novità prodotta da quel complesso di fenomeni che solitamente definiamo "globalizza... more La dirompente novità prodotta da quel complesso di fenomeni che solitamente definiamo "globalizzazione" investe direttamente la nozione stessa di "spazio politico". Come ha di recente riconosciuto Carlo Galli, ciò dipende dal fatto che attraverso questa nozione si può apprezzare «la differenza radicale tra politica moderna -centrata sull'asse esterno/interno e su quello pubblico/privato, come paradigmi decisivi, che riassumono in sé l'essenza della statualità e della sua capacità sovrana di istituire confini e ordinamenti -e la politica globale, in cui quelle distinzioni sfumano e collassano» (Galli 2013). Cosa significa, dunque, fare politica in questo contesto? Dove sta, la politica? Si può rispondere a questa domanda articolandola su una doppia scala spaziale: Globalizzazione e Metropoli. Ma, è bene chiarirlo subito, non si tratta qui di un macroscopico mondiale dal quale discendere nella trama microfisica della metropoli. Al contrario:
dedicato un lungo articolo -sul il manifesto del 27 aprile -di critica al "Manifesto per un sogge... more dedicato un lungo articolo -sul il manifesto del 27 aprile -di critica al "Manifesto per un soggetto politico nuovo", che già aveva suscitato una accesa discussione sulle pagine dello stesso quotidiano. Franchezza per franchezza: non è tanto sulla valutazione da darsi dell'ipotesi di fondare un nuovo partito -sulla scorta del manifestino dei beni comuni -che trovo interessante porre questioni. Non saprei dire, infatti, se mi preoccupa di più il contenuto di quella proposta politica o il contenuto delle repliche polemiche che ha suscitato. Mi interessa invece, e m'interroga, l'arco di argomentazioni che Asor pone per giustificare la sua critica, poiché mi pare coincidere con altre e sempre più diffuse "pose" argomentative sulla sinistra italiana. La passione dello storico chiama Asor Rosa a rammentarci per intero la raccomandazione di Gramsci sull'ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione: un modo per dire che non s'ha bisogno, per trasformare il mondo, di "ridicoli fantasticatori" pronti ad esaltarsi ad ogni sciocchezza o deprimersi di fronte all'orrore, quanto piuttosto "d'uomini sobri, pazienti" capaci d'una analisi realistica dei contesti e d'una azione all'altezza del tempo dato. Ecco. Sempre più spesso (e me ne sfugge la ragione) in Italia si ragiona iniziando così, quando s'affronta il nodo politica istituzionale -movimenti. Penso ad esempio a molti e differenti articoli aparsi su Alfabeta2, insomma all'impostazione complessiva di quel dibattito, come ad alcuni accenti della discussione sul manifesto. Sempre così inizia il ragionamento: vi sarebbe da una parte la nebulosa degli "esaltati", "sognatori" -a volte definiti persino "saturnini" -e dall'altra quella degli "uomini sobri", "realistici", "pragmatici". D'un lato lo svolazzo ideologico, dall'altro la paziente ricostruzione di fatti e situazioni concrete. Poi, questi due tipi, vengono pian piano lasciati scivolare sino a sovrapporsi da una parte sui "movimentisti" che tutto criticano ma nulla cambiano e d'altro canto su chi si pone -certo realisticamente! -il problema del partito, della rappresentanza e delle elezioni. In modo più o meno esplicito -qui Asor Rosa ha il merito di non nascondersi dietro a un dito e nominare oltre al peccato, anche il peccatore -l'ideologo dei primi sarebbe Toni Negri (insieme a Michael Hardt) e l'ideologia in questione starebbe dentro alla parola "comune", alla quale viene appiccicata una presunta matrice tomistica o teologico-cristiana. Adesso: su pragmatici e sognatori vorrei muovere qualche perplessità; e sulla coincidenza tra "beni comuni" e "comune" qualche altra, come del resto sulla presenza e sul ruolo effettivi di Toni Negri e Michael Hardt (che potranno certo smentire) alla regia della proposta di costituzione di un nuovo partito politico mossa da Ugo Mattei, Marco Revelli e altri.
La competenza dei tecnici. Note su finanza, democrazia e indignazione. DI MARCO ASSENNATO. 1. Lib... more La competenza dei tecnici. Note su finanza, democrazia e indignazione. DI MARCO ASSENNATO. 1. Libero mercato e democrazia. La storia lunga della forma politica europea è arrivata al tramonto. Prendere parte, in questo crepuscolo, è necessario. Ne va delle parole di domani. Tutti i nodi dell'ultimo scorcio di secolo vengono al pettine. A guardare bene è una buona notizia. Dopo saranno tempi nuovi. Certo, il tramonto può far paura, sembra un abisso, un precipitare lento e inesorabile. Come tutti i passaggi radicali, originari. Ma questa è la partita. Radicale, originaria. Coincide e conferma l'idea, la geografia della crisi: prima la Grecia -impedita, fatto enorme, di procedere ad un referendum popolare, che per quanto inadeguato aveva il sapore d'un appello al popolo in ultima istanza, perchè dicesse, prendesse parola sul destino proprio -poi l'Italia, ex-repubblica parlamentare le cui funzioni sovrane a lungo maltrattate, vengono commissariate da tecnocrati già protagonisti della crisi in corso. E la prossima sarà la Francia. La Francia, non la Spagna, né il Portogallo. Ma la Francia della rivoluzione borghese del 1789, quella di libertà, eguaglianza e fraternità. Il corpo maturo dell'impero finanziario transnazionale si disfa delle vecchie utopie. Demokratía, nasce in Grecia, come dispositivo che consente al dèmos di costruire un caleidoscopio di forme di vita pubblica che ruotano attorno ai concetti di libertà, uguaglianza, trasparenza. Fu a lungo un fantasma per i poteri pubblici, quest'ipotesi di kràtos del démos. Potere coercitivo del popolo sulla cosa pubblica. Tutta la teoria politica greca si è basata sulla necessità di dargli forma e così limitarlo, farlo coesistere con gli altri poteri. La Grecia, perciò, è stata culla delle costituzioni -dispositivi di legge che tentavano questo rigoroso esercizio della forma. Ai figli dei figli di quel popolo oggi è concesso solo il silenzio. Poi L'Italia, lingua di terra dalla quale s'impose al mondo il sogno della res publica romana, Urbs-Orbis: la città che si fa mondo estendendo a tutto il globo l'idea di concordia. Sogno imperiale, progressivo, terribile. Ucciso e stravolto mille volte e mille volte ripreso, fino tornare all'interno delle mura urbane, messe in rete nell'arcipelago dei Comuni tra XII e XIV secolo: ancora una messa in forma di quell'idea di potere del popolo. Italia, terra di cives che insieme formano civitas, oggi schiacciata da un consiglio d'amministrazione. E poi la Francia. S'è a lungo discusso sulla derivazione o sull'originalità della rivoluzione americana rispetto a quella francese. Certo è che tra fine settecento e lungo il XIX secolo tra Europa e America la democrazia prese forma a partire da due rivoluzioni che mai hanno separato uguaglianza sostanziale e uguaglianza formale, giungendo nella versione transoceanica a definire come diritto la felicità del popolo. Il debutto del secolo breve fece tremare quel sogno. Di recente Pierre Rosanvallon 1 ha ricordato la «grande crisi di uguaglianza» che ha colpito l'occidente a inizio novecento. Crisi finanziaria che arrivò fino al terremoto del 1929. Ma da quella crisi, prosegue il professore del Collège de France, sono nati sistemi politici tendenzialmente egualitari sulla base dei concetti di somiglianza, indipendenza e cittadinanza, cui corrispondevano le idee di eguaglianza come equivalenza tra simili, eguaglianza come autonomia dei soggetti ed eguaglianza come partecipazione alla vita associata. Un mondo di simili, una società di individui autonomi e una comunità di cittadini che hanno trovato nei diritti dell'uomo, nel libero mercato e nel suffragio universale le loro forme politiche adeguate. Oggi questo quadro si è spezzato. Il rapporto tra libero mercato e forma politica liberale non tiene più. E non a caso il capitale finanziario mangia il corpo d'Europa inseguendo famelicamente la mappa precisa della storia della democrazia. Grecia, Italia, Francia. I simboli contano. 2. Il capitale finanziario. Certo è una storia vecchia questa del capitale finanziario che mangia la vecchia borghesia industriale e tende a superarne le forme di sovranità politica. Rudolf Hilferding lo scriveva già nel 1909 2 , analizzando lo sviluppo delle società per azioni e della 1 ROSANVALLON P., La societé des égaux, Seuil, Paris, 2011. 2 HILFERDING R., Il Capitale finanziario [1909], ed. it. a cura di G. Pietranera, Feltrinelli, Milano, 1961.
A fini accademici si specifica che l'"introduzione" è stata scritta da entrambi gli autori, che a... more A fini accademici si specifica che l'"introduzione" è stata scritta da entrambi gli autori, che a Marco Assennato si devono i paragrafi da "Etica ambientale, dualismo, nostalgia" a "architettura e naturalismo", mentre le "conclusioni" si devono a Françoise Very. 1 Sulla valutazione politica del vertice di Copenhagen si rimanda qui alla rivista «Mouvements. Des Idées et des luttes», 63, juilletspetembre 2010, interamente dedicata al tema, e a Stenglers, 2009.
MARCO ASSENNATO e FRANÇOISE VERY Introduzione * : Quando abbiamo pensato il titolo del master « A... more MARCO ASSENNATO e FRANÇOISE VERY Introduzione * : Quando abbiamo pensato il titolo del master « Aedification -grands territoires -villes », nel quale aedification chiama il ricordo di Alberti, non osavamo ancora affermare la necessità della teoria in architettura. Oggi invece, la trasformazione da tutti riconosciuta dei modi di costruzione degli edifici e delle strategie per pensare la città o l'urbanizzazione, ci mette di fronte all'obbligo urgente di riappropriarci del respiro di una teoria. In effetti, dobbiamo tornare a dire che se l'architettura è costruzione, essa è, nello stesso tempo, pensiero del mondo. La sola tecnica, per quanto precisa e informata essa sia, anche se ispirata dalle migliori intenzioni, non sarà in grado di generare una nuova cultura. Perciò oggi facciamo l'ipotesi che il concetto di Venustas, offertoci da Vitruvio, possa fornirci l'orizzonte del bene comune di una società, attraverso la sua materializzazione architettonica, urbana e territoriale. In architettura, attraverso il concetto di Venustas, è il politico che si esprime : ossia ciò che è comune agli uomini, come rappresentazione e pensiero del mondo. Se Bruno Queysanne ha esplorato, con il suo « Vitruve on the web » la proliferazione dei mondi della traduzione, qui noi proveremo a tornare sul testo stesso. La Venustas è presentata da Vitruvio nel Libro I, Capitolo VI del suo De Architectura all'interno del tripode « ratio firmitatis, utilitatis, venustatis ». In seguito l'idea viene precisata: « Venustatis vero : cum fuerit operis species grata et elegans, membrorumque commensus justas habeat symmetriarum ratiocinationes ». Possiamo estrarre la Venustas dalla triade concettuale ? che ne sarebbe della « ratio » ? ed in ogni caso, di quale operazione mentale si tratta in quel passaggio ? Possiamo servirci di questa parola, o della sua idea di fondo, per definire l'architettura come cultura, in senso largo ?
Intro: leggere Marx, si poteva, all'alba degli anni 2000, solo fuori dall'accademia. Questo posiz... more Intro: leggere Marx, si poteva, all'alba degli anni 2000, solo fuori dall'accademia. Questo posizionamento però, lungi dal restare un fatto meramente topologico, ha assunto il carattere del dispositivo ottico. Una idea del fare teoria, nutrirsi, socializzare sapere, lontana anni luce dall'indugio filologico, pienamente indifferente alle filiazioni, alle famiglie teoriche, capace di giustificare i passaggi concettuali semplicemente in forza dell'urgenza del presente. Marx era per noi un autore qualsiasi, nulla di sacro in lui. Niente di indiscutibile. Così un collettivo divertito rivolgeva il suo "Goodbye" ai padri politici, proprio riprendendosi il classico. Trovammo, nel nostro scavare Il Capitale, lo stesso metodo. Riviste, cronaca minuta accanto ai testi più importanti dell'economia politica e della filosofia moderne componevano la trama su cui Marx ha definito il suo dispositivo ottico. Ne indossammo le lenti. Per l'accademia italiana eravamo ormai insopportabili. Allora decidemmo di proporre questo testo con un esergo ironico. Ciò che seguì, non è nulla di fronte a quanto ancora deve ritornare. «QUESTO 1. Ritornare in francese si dice Revenir, Revenant è il fantasma. Marx è il fantasma. Nel Mariage forcé di Moliére, il filosofo Pancrazio è il personaggio contrario al matrimonio, che viene escluso, ricacciato in un angolo. Ma egli ritorna sempre, egli è il revenant che continua ad opporsi, a dire no, fino a quando non appare, nella scena finale, come un fantasma. Leggere Marx significa leggere i testi di un fantasma, l'espressione di un pensiero dopo la fine, la fine del suo esser stato pensato, agito, esperito.
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La discussione proposta al vertice di Copenhagen (Cfr. Stenglers I., 2009) investe direttamente l... more La discussione proposta al vertice di Copenhagen (Cfr. Stenglers I., 2009) investe direttamente la responsabilità dell'architettura. Se sul piano tecnologico assistiamo ad uno sviluppo sempre crescente di nuovi metodi ecosostenibili -e ad una correlata pubblicistica sulla città ecologica, l'architettura verde etc. (Cfr. De Coninck F., Deroubaix J. F., 2008) -non altrettanto può dirsi sul fronte teorico. Eppure la sola tecnica, per quanto precisa e informata essa sia, non sarà in grado di affrontare il problema ambientale. Non a caso, il dibattito in corso nei paesi industrializzati nel campo dell'éthique environnementale -nonostante i ripetuti appelli in tal senso (
InFolio, Jan 1, 2009
Etica, politica, architettura: 4 mosse per una strategia 1. teoria C'è, in fondo, come una persis... more Etica, politica, architettura: 4 mosse per una strategia 1. teoria C'è, in fondo, come una persistente necessità della teoria nel disegno del territorio. Dobbiamo allora prima di tutto domandarci cosa sia questa necessità. Come canonicamente argomentato da Martin Heidegger, nella sua celeberrima conferenza del 1951 , l'architettura articola teoricamente alcuni concetti fondamentali di ordine differente che si riferiscono e tendono in modo essenziale a dar forma alla nozione di abitare ed al senso che il costruire assume in rapporto a questo fine. Ciò avviene in un'attività concreta sostanzialmente e storicamente individuabile nella trasformazione culturalmente determinata dell'ambiente antropizzato, alle sue diverse scale. Dunque giocano qui due campi in sintesi reciproca: quello tecnico-operativo e quello logico-teorico. Ogni progetto che prende forma è determinato e determina uno spazio discorsivo, partecipa di un lógos. Se l'universo tecnico è soggetto alle evoluzioni e alle scoperte, quello teorico vive l'avventura filosofica del pensiero.
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