Papers by GIUSEPPE DI MARINO
Sarebbe stato un ottimo vescovo", ebbe a dire di lui, un giorno, Mons. Cozzolino, parroco della B... more Sarebbe stato un ottimo vescovo", ebbe a dire di lui, un giorno, Mons. Cozzolino, parroco della Basilica di S. Francesco di Paola a Napoli. E questa, credo, fosse la percezione di tutti coloro che hanno conosciuto profondamente e sinceramente Mons. Giuseppe Chiusano ed hanno avuto il privilegio di essere onorati della sua amicizia e paterna benevolenza. Secondo la "Lumen Gentium", la Costituzione dogmatica sulla Chiesa, il ministero episcopale è contraddistinto da un triplice ufficio, che annovera "la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinchè tutti gli uomini, per mezzo della fede, del battesimo e dell'osservanza dei comandamenti, ottengano la salvezza". Ebbene, nella vita e nel ministero sacerdotale di Mons. Chiusano, la missione di insegnare è stata fondamentale. Egli, infatti, dalla istituzione del Liceo-ginnasio "F. De Sanctis" a S. Angelo dei Lombardi, nel lontano 1945, che fortemente volle e realizzò con il contributo del sindaco G. Criscuoli e dell'On. F. Sullo, ha insegnato religione a circa "7000" giovani. "Il mio mondo sono stati i giovani, sia come parroco che come professore", affermava nell'opuscolo "... Ricordi". E quale docente-e questo lo può confermare chi, come chi scrive, è stato alunno e amico di Mons. Chiusano-fu sempre ispirato da "interesse e affetto costante per gli alunni, disciplina seria, concordata all'inizio di ogni anno, … spiegazione delle domande scritte, presentate da tutti gli alunni in ogni ora di religione, compostezza e silenzio durante la spiegazione, un minuto d'intervallo a metà ora scolastica, per richiamo di attenzione… rapporti epistolari con alunni ed ex alunni, richiamo continuo e convinto ai valori dello spirito, … incoraggiamento sempre e a tutti", secondo quanto con vigore affermava Francesco De Sanctis " l'ufficio della scuola non è l'istruzione sola, che è un fine inarrivabile, ma ancora e più l'educazione dello spirito in tutte le sue forme". In circa quarant'anni di insegnamento Mons. Chiusano ha avuto modo di conoscere ed avvicinare giovani di due generazioni che ora sono sparsi in Italia e nel mondo : è stata una semina di idee e di valori che ha lasciato sicuramente un riflesso nella esistenza di ognuno, ma, nondimeno, in altri rappresenta ancora un ricordo affettuoso e riconoscente, come peraltro, si augurava egli stesso, verso l'insegnante di religione e il sacerdote. È stata per lui altrettanto fondamentale la missione di predicare il Vangelo, finalizzata alla salvezza delle anime, non solo con la parola, ma anche con gli scritti e soprattutto con le opere di carità. Il suo obiettivo è stato quello di formare dei buoni cristiani, informati ai principi della fede cattolica, e dei buoni cittadini, ispirati ai valori della tradizione, la quale sola poteva garantire una lodevole condotta. A lui si deve l'apertura di un convento di francescani minori a Lioni, ai quali fu affidata la
L'articolo 29 della Costituzione italiana, secondo cui "la Repubblica riconosce i diritti della f... more L'articolo 29 della Costituzione italiana, secondo cui "la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale, fondata sul matrimonio", costituisce il fondamento della famiglia legittima. Nella lettura dell'articolo in commento è possibile evidenziare due passaggi importanti; cioè, che la Carta fondamentale riconosce, e non istituisce la famiglia, quale realtà preesistente al legislatore costituente, e che la famiglia si fonda sul matrimonio.
combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" (Tim. 4, 7-9). P... more combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" (Tim. 4, 7-9). Penso che questo sia stato il pensiero di mons. Gaetano Iorio, quando la notte del 18 dicembre 1997, dopo avere dedicato la propria vita a servizio della Chiesa cattolica e alla cura delle anime a lui affidate, si presentò davanti a Dio, "quel Dio che mi è stato vicino e mi ha dato la forza", come dice S. Paolo, per ricevere il premio promesso ai giusti e agli operai laboriosi della vigna del Signore. La "Lumen Gentium", al paragrafo 28, parla dei sacerdoti e dice :"i presbiteri … in comunione con i vescovi nell'esercizio della loro potestà … in virtù del sacramento dell'Ordine, ad immagine di Cristo, sommo ed eterno Sacerdote sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento". Ebbene, se andiamo a considerare la vita e la missione presbiterale di Mons. Iorio vediamo e constatiamo che essa riflette plasticamente e fedelmente le indicazioni del documento conciliare. Infatti, egli svolse il suo apostolato sempre in comunione con la chiesa universale e particolare, mantenendo sempre ottimi rapporti con i vescovi diocesani che si sono succeduti nella diocesi di Avellino, ottemperando sempre alle disposizioni e alle raccomandazioni pastorali da essi impartite nelle varie fasi storiche della chiesa e della nazione, soprattutto quando la Chiesa era in prima linea nella battaglia e nella lotta contro i suoi numerosissimi nemici ed avversari e contro l'ateismo, il materialismo, il comunismo, il relativismo, o contro leggi che minacciavano la sacralità del matrimonio, della famiglia e della vita come il divorzio e l'aborto. La Costituzione Apostolica precisa due settori particolari del lavoro pastorale dei presbiteri: la predicazione e l'insegnamento. Nella predicazione il Sacerdote espone la verità, nella catechesi la indaga e la fa indagare. Il metodo è unico: leggere e meditare la verità, credere nella verità, vivere la verità. Durante tutta la sua vita Mons. Gaetano Iorio dedicò tutte le sue energia nella predicazione del vangelo con la parola, gli scritti e le opere e coinvolgendo in quest'opera gruppi di laici che organizzava e preparava sapientemente. Ciò, che, inoltre, fa il Sacerdote per noi è la celebrazione della Messa. L'Ordine lo consacra soprattutto per la Messa, per il Mistero della Salvezza sempre in atto. Tutta la sua attività sacerdotale, la sua pastorale, parte dalla Messa e converge verso la Messa. Qui egli è in pieno servizio della sua porzione di gregge, in pieno sacrificio con Gesù Crocifisso, in pieno rinnovamento di sé con la Vittima Gloriosa, in pieno magistero con la liturgia della Parola di Dio, in pieno ministero con l'amministrazione dell'Eucaristia, in piena unione col suo popolo, assiso con Lui alla Mensa del Signore. Quando il Sacerdote ha celebrato ha dato Dio e tutto se stesso
fu arciprete curato di Villamaina dal 1724 al 1782, appartenente ad una famiglia importante e ben... more fu arciprete curato di Villamaina dal 1724 al 1782, appartenente ad una famiglia importante e benestante di Palazzo S. Gervasio, comune dell'attuale provincia di Potenza, ma che nel settecento rientrava nel più vasto territorio delle cosiddette "Puglie". In un atto notarile, conservato nell'archivio di Potenza, infatti, viene menzionato che Vincenzo D'Errico, eletto deputato al Parlamento Napoletano per il distretto di Potenza nel 1848, acquistò nel territorio di Palazzo S. Gervasio"una cappella diruta, colla denominazione S. Rocco, edificata nel 1753 da Don Stefano Pizzuti, nella contrada serro che da allora prese il nome di S. Rocco" 1. L'arciprete Stefano Pizzuti viene citato nell'opera di Antonio Maria Tannoia, presbitero della Congregazione del S.S. Redentore e primo biografo di S. Alfonso Maria de' Liguori, "Delle api e loro utile e della maniera di ben governarle" edita a Napoli nel 1797, pag. 57, dove si dice che "in Villamayna, anche domina il costume opposto (cioè di lasciare una parte di miele per alimento delle api durante il periodo invernale) Don Stefano Pizzuti, Arciprete di quella terra, poiché oriundo di Puglia, avendo posto delle api, non volle governarle altrimenti che con il sistema dei suoi maggiori. Riuscì così utile la vendemmia del miele, che il signor marchese don Tommaso Caracciolo, tentolle anch'esso, e posele in uso nei suoi alveari" 2. Da una deposizione testimoniale resa nel 1724, quando già era arciprete curato di Villamaina, risulta che studiò a partire dal 1714 in Napoli, "avendo servito la Chiesa e l'ospedale di S. Angelo a Nilo di Napoli" per abilitarsi al "mestiere di Predicatore, missionario apostolico, corista e maestro delle cerimonie" 3. Dagli atti del Sinodo diocesano, convocato da Mons. Felice Leoni, vescovo della diocesi di Avellino e Frigento nel 1748, risulta che partecipò come arciprete di Villamaina, professore di Sacra teologia e membro del capitolo dei canonici della cattedrale di Frigento 4. In ottemperanza proprio al titolo XV degli atti del sinodo, "De archivis et inventariis Bonorum Ecclesiasticorum ac eorum Archiviariis" provvide a redigere un inventario di tutti i beni della Parrocchia, curando di indicare la provenienza, la rendita e la collocazione sul territorio. Inoltre, predispose un ordinato archivio parrocchiale, diviso "Libro dei morti, piccoli e grandi ", "Regesto dei nati", "Regesto dei Battezzati e dei Confermati" e un "Liber Parochialis", continens nomina et cognomina et conjugatoru et status animarum, Archipresbyteralis Curatae Ecclesiae Terrae Villemaynae, ovvero un libro nel quale sono registrati tutte le
iscrizione, attualmente collocata all'interno della chiesa Madre di Villamaina, ma anticamente po... more iscrizione, attualmente collocata all'interno della chiesa Madre di Villamaina, ma anticamente posta sul pavimento della chiesa di Costantinopoli, in contrada Porta vecchia, quindi "extra moenia", cioè all'esterno delle mura cittadine, documenta che a fare edificare quella chiesa fu Vincenzo Caracciolo (in realtà il suo vero nome era Giovanni Vincenzo), figlio del più noto Annibale Caracciolo, la cui monumentale tomba è sistemata nella navata laterale dell'attuale chiesa parrocchiale di Santa Maria della Pace, all'epoca cappella privata della famiglia Caracciolo. La lapide fa riferimento ad un altro rappresentante della famiglia Caracciolo di Villamaina, che ha interessanti storie da raccontare e che evidentemente ha avuto molto a cuore le condizioni del borgo, che sicuramente all'epoca era abitato dal feudatario e che evidentemente aveva tutto l'interesse a renderlo confortevole per sé ed accogliente per i suoi ospiti, anche illustri. Sappiamo, dunque, da questa iscrizione, che volle la realizzazione della chiesa di Costantinopoli, come "ex voto" e per i "tanti benefici" (non ultimo, evidentemente, quello di essere diventato signore esclusivo del feudo di Villamaina), ricevuti dalla "gloriosa immagine" della Madonna di Costantinopoli, che in quel tempio era oggetto di sentita venerazione. Possiamo dedurre verosimilmente che avesse anche corredato la chiesa di una immagine raffigurante la Madonna di Costantinopoli, che, purtroppo, è andata perduta, in onore della quale aveva fatto erigere la chiesa, magari affidandone la esecuzione allo stesso autore del trittico, che attualmente si custodisce nella Chiesa Madre, la cui committenza deve essere verosimilmente riconosciuta allo stesso Vincenzo Caracciolo, e la realizzazione ad esponenti della affermata scuola di Andrea Sabatini, noto anche come Andrea da Salerno, illustre esponente del Rinascimento napoletano, attiva in Irpinia, nel salernitano e nelle Puglie fino alla fine del XVI secolo. Le cronache dell'epoca descrivono Giovan Vincenzo Caracciolo come un valoroso e coraggioso soldato e combattente: "Et sonovi ancora molti altri eccellenti soldati, li quali nell'armi hanno fatto, et fanno, cognoscer il valor suo, tra' quali vi è
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